11 agosto, 2025

CI VORREBBE UN AMICO

Una estate complicata. Probabilmente non avrebbe potuto andare meglio di così mentre avrebbe potuto andare molto peggio. Quindi sono fortunata.

Fortunata o meno, io mi ritenevo ormai fuori pericolo. Invece...

Il più è capire se il pericolo arriva da fuori o da dentro di me. Se semplicemente questo luogo di maltrattamenti passati risveglia tutte le mie cicatrici oppure se subisco ancora maltrattamenti nel presente. Forse sono entrambe le cose. 

Il fatto è che, quando sono andata via l'ultima volta, ho chiuso i ponti con tutti nella speranza di diventare realmente una estranea a tutto e a tutti e di perdere i ricordi, come se il tempo e l'estraneità potessero cancellare le impronte. Invece cazzo mi ricordo ancora troppo. E ogni volta che vado è un tuffo nel passato. Un incubo, perché la familiarità con quei luoghi non si è ridotta a sufficienza e risveglia le emozioni di allora e mi fa sentire come si sentiva la me del passato, come se, scomparendo la distanza fisica, scomparisse anche quella emotiva e nulla potesse più proteggermi dal male. Ogni volta che vengo qui è un viaggio nel tempo. Per questo è così insopportabile.

Allora penso a te. Anzi, sei tu che mi torni in mente prepotentemente quando meno me lo aspetto. Ma qui mi manca l'aria, non posso parlare. Così, quando tutti dormono, nella solitudine e nel silenzio irreale, esco finalmente a respirare.

"sarà la notte magica o forse l'emozione
Io mi ritrovo solo davanti al tuo portone...

Ci vorrebbe un amico... per dimenticare il male"


LA MOTIVAZIONE

Parto dalla fine. La protagonista parte per una gloriosa missione nella speranza di essere perdonata dal padre che l'aveva rinnegata, respinta, rifiutata quando lei aveva fallito le di lui grandiose aspettative. Cerca il perdono facendo di nuovo qualcosa di grandioso per lui. Tale è la motivazione da arrivare fino in fondo al proprio progetto e morire nel realizzarlo. Il padre ne è infine orgoglioso. La figlia è una vincente proprio come lui la voleva. Pazienza se è andata a morire.

Ogni giorno qualcuno muore nel tentativo di corrispondere alle aspettative dei propri genitori.

I problemi dell'umanità forse sono problemi irrisolti con le relazioni primarie, poi estesi oltre i confini domestici.

Il pericolo sta nella motivazione che ci spinge ad agire. Se non sappiamo chi siamo e cosa vogliamo e siamo ancora dipendenti dal riconoscimento e dall'approvazione dei nostri genitori, siamo portati a fare cose terribili, per noi stessi e per gli altri.

La mia motivazione ha spesso oscillato tra il desiderio di aderire all'immagine che la mia famiglia aveva di me e il desiderio di essere amata così com'ero e, soprattutto, nonostante il fallimento, naufragando nell'oscillazione.

Quindi ho iniziato cose grandiose per poi magari fallirle all'ultimo momento. Non sono mai stata amata dai miei genitori. Non sono ancora morta ma ho somatizzato a dovere il disagio per questa non accettazione della mia persona e sto tutt'ora abbastanza male. Soprattutto mi ammazzo di sensi di colpa. E non mi riconosco il mio valore.

Qualcuno mi ha detto che non è possibile riconoscersi il proprio valore se non si è imparato a farlo dai propri genitori. Non so se questo qualcuno abbia ragione ma devo trovare un modo per sopravvivere. Soprattutto adesso che con frequenza torno all'inferno -la mia città e la mia casa di origine-  e che non posso "semplicemente" chiudere una porta e andarmene via.

Così sto cercando di ricordarmi di me stessa, apprezzandomi io per prima. Pazienza se gli altri non capiscono, non riconoscono e giudicano a sproposito. Il più è orientarsi, fedeli al proprio sentire e sapere, nel caos di tutte quelle aspettative, attuali o interiorizzate. 

Se avete suggerimenti...

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