21 maggio, 2018

SEGMENTI

Per molto tempo mi è sembrato tutto scollegato: l'infanzia, l'adolescenza, l'età adulta, io stessa... Stavo crescendo, ma qualcosa non tornava, non mi sentivo all'altezza: sono cresciuta troppo in fretta. 

A 19 anni, nonostante tutto, mi sono diplomata: non avevo potuto scegliere prima e non ho potuto scegliere dopo perché, secondo le mappe familiari, la strada percorribile era unica.

Dentro di me, una minuscola, saggia particina, pur ridotta ai minimi termini, ha sempre saputo che non poteva essere così; purtroppo però quella parte era così piccola e fragile che, per la paura e l'insicurezza, abbastanza in fretta finiva per insabbiarsi nel fondale di me stessa.

Insomma, era chiaro anche a me che così non andasse, che non poteva esserci una sola strada, che non servisse essere dei geni per trovarne altre ed essere felici. Ma, proveniente da una famiglia ridotta a brandelli dagli eventi della vita e dall'ignoranza emotiva e frequentando ambienti scolastici con professori perversi e proiettivi, non è stato facile uscire indenni da quello che mi è sembrato a tutti gli effetti un duro corso di sopravvivenza!

Bisogna capire che, venendo al mondo in una famiglia, di quella famiglia respiriamo la storia, i vissuti, i ricordi e tutto ciò influisce nel momento di essere plasmati; prendiamo forma da una materia che viene da lontano e che può essere molto diversa in base alle condizioni in cui si è creata: crescere non è la stessa storia per tutti e le mani che ti formano possono essere forti e rassicuranti o fragili e dolenti.

Così, impastata di terribili vissuti e da mani o inesperte o incapaci, son cresciuta come ho potuto: tenace anche se fragile ma potentemente vitale e -come succede di essere ai coraggiosi- bellissima! (Non vi preoccupate, non si tratta di presunzione: mi descrivo pensando a certi fiori di montagna che vivono in condizioni estreme e con cui sento di condividere delle affinità esistenziali).

Incredibilmente ho preso forma su questa terra arida e secca e sono germogliata; ho lottato per la vita e, contro ogni previsione, sono arrivata all'età adulta. E, si sa, una pianta adulta resiste meglio alle intemperie... non sempre, a volte è bene che incroci qualcuno che si accorga di lei e strappi via qualche erbaccia cattiva che la stava soffocando, le dia un po' d'acqua se c'è troppo secco e l'apprezzi così com'è: una meravigliosa creatura, se si pensa da dove viene e che, nonostante tutto, è sopravvissuta e vitale. Personalmente io ne ho incontrata più d'una di persona così, per mia fortuna, anche se ho dovuto resistere molto a lungo da sola o in cattiva compagnia.

Tornando alla fine delle superiori... 

Per tutta la vita, continuamente, ero stata sospinta fuori quando ancora avrei dovuto strutturarmi dentro. Voglio dire, certe cose si imparano gradualmente, con qualcuno che si prende la briga di starci vicino, sostenerci e insegnarci. 

Per intenderci faccio un esempio semplice: un bambino non impara da solo a mangiare con il cucchiaio solo perché ha compiuto tre anni se fino a quel momento lo hai imboccato bendato; non impara ad usare il vasino se gli metti sempre il pannolino; e non si emancipa e non cresce emotivamente se lo massacrate di insulti, botte, umiliazioni.

A voglia di compiere 19 anni e sentirsi maturi. 

Mi affaccio sulla soglia e osservo il mondo: sembrano tutti sapere cosa vogliono o, perlomeno, si buttano, ci provano. In casa nel frattempo continuano a demolire ogni mia sana curiosità e si arrabbiano quando mostro sulla cartina del mondo dei segni che sembrano sentieri, mulattiere, percorsi che potrei intraprendere anche se secondari da quell'unica strada per loro possibile.

Non c'è storia: secondo loro io non so quello che dico perché, se solo sapessi la fatica che c'è voluta ad asfaltare quella strada e che ci vuole a mantenerla, forse sarei meno ingrata e non penserei a rincorrere grilli sui sentieri perdendo tempo ed energia ma mi incamminerei di buona lena.

Così faccio. Mi incammino lungo la spaventosa strada larga e dritta che mi viene indicata (una strada a caro prezzo e frequentata da personaggi inquietanti) così come molto tempo addietro mio nonno aveva percorso, dopo mille peripezie, la strada che lo ha condotto al lavoro di geometra -entrando ad un certo punto in Provincia- che però all'epoca non era così dritta, né larga, forse neppure asfaltata. Ma era il suo percorso personale

Mio nonno, unico effettivo genitore per me, a modo suo, stava cercando di garantirmi tutte le cose per cui lui invece aveva lottato: il diritto allo studio e all'emancipazione. Voleva che studiassi e mi realizzassi sotto la sua protezione. Ma non c'erano molti studi sensati per lui che andassero bene per me. Aveva visto qualcosa in me ma poi aveva deformato quella cosa mia affinché assomigliasse a qualcosa di anche suo, forse per poterlo capire e aiutare meglio ma, nella realtà, ostacolandolo.

Tornando alla Provincia... A me pure la Provincia, un palazzone di epoca fascista, e la strada larga e dritta che portava ad essa, mi mettevano l'angoscia.

Ma lui non sembrava disturbato più di tanto da quell'aspetto austero e svolgeva il suo lavoro di geometra, con passione, serietà, onestà e responsabilità. Credo che la sua affidabilità e la sua capacità di progettare bene e seguire i lavori per portare le prime impervie strade necessarie nella nostra terra ostile fino ai paesini isolati -che lo festeggiavano con affetto e molto vino- fossero fonte di orgoglio per tutti e gli permettessero di rinnovare quotidianamente il suo entusiasmo per il suo lavoro.

Nonostante la guerra, le discriminazioni sociali, le difficoltà di ogni genere, per mio nonno pare essere stato chiaro il percorso da fare e mi è sempre sembrato soddisfatto della sua scelta di vita, forse perché guidata da una passione, da una predisposizione, insomma, da un desiderio vero, originale, che ha saputo riconoscere e coltivare. 

Mio nonno ha dato il suo contributo alla comunità, facendo tutto il meglio che poteva, con rispetto per sé stesso e gli altri e senza farsi contagiare da quella malattia che prende spesso i dipendenti statali: sedersi, lamentarsi e arraffare.

Io ho sempre avuto una grande stima di mio nonno. Avendo un padre che se ne frega di tutto e di tutti, che guarda solo a sé stesso e che è stato un ladro, un bugiardo, un donnaiolo e un padre irresponsabile, mio nonno è un gran bel modello in generale e soprattutto al confronto: pur non essendo perfetto, mio nonno è mosso dal rispetto, è un compagno di vita affidabile, un lavoratore onesto e una persona con dei principi. Mi ha fatto da padre ma era figlio della sua epoca e, pur essendo molto avanti per quella, qualche erroretto lo ha commesso. D'altronde i miei genitori sono entrambi vivi e capaci di intendere e volere e hanno proprio scelto di fregarsene di me pur mettendo becco laddove intravvedevano un interesse personale. Quindi mio nonno non ha potuto fare solo il nonno ed ha dovuto gestire una compresenza difficile e faticosa con mia madre, rabbiosa e maltrattante, in un ambiente fortemente patologico. Ha accettato le difficoltà della vita e fatto tutto ciò che poteva al meglio delle proprie possibilità, nel rispetto di tutti. 

Grazie nonno, per tutto quello che fai e che hai fatto. Se non ci fossi stato tu a prendermi in braccio, a coccolarmi, a farmi sentire importante, sarei morta già da tempo.

Certo, poi hai proiettato su di me le tue aspettative e io ho sputato sangue anche per questo ma mi sembra che, ad oggi, tu abbia cambiato idea circa il mio fallimento -per quanto sia preoccupato per il mio futuro- e io mi sento abbastanza in pace con me stessa.

Posso dire questo perché ho capito le tue buone intenzioni e la difficoltà del compito che ti sei preso per amor mio nel momento in cui sono nata. Non ti sei mai tirato indietro. Sei un esempio di responsabilità e sei la parte buona che mi porto dentro. 

Purtroppo però i genitori lasciano in noi il segno più grande e quindi, dentro di me, porto una cicatrice enorme a forma di 'meno', un vuoto spaventoso, un senso di abbandono con cui convivo da tutta la vita, che mi ha condizionata negativamente e su cui lavoro costantemente. 

E quella strada larga e dritta, proprio non faceva per me.

Mi sono contorta dal dolore per lo sforzo compiuto per riuscire a camminare finché non mi sono buttata fuori strada: ho cominciato a rotolare, mi sono fatta male, ho sofferto per i miei sbagli, ho lottato per crescere; ho pianto, sanguinato e adesso sono qui, alla luce del sole che contemplo un paesaggio sublime dall'alto della mia strada. 

Non sono perfetta, non ho cambiato il mondo ma ho cambiato e sto cambiando me stessa e porto anche io il mio modesto contributo alla comunità a cui appartengo. Ho individuato e analizzato ciò che rendeva instabili le mie fondamenta e sono intervenuta, responsabilmente, per consolidarle prima che fosse troppo tardi. Forse tu, nonno, non hai potuto prevedere le mie crepe, né hai potuto calcolare come sarebbero andate le cose perché non c'è preparazione che possa permetterci di fare previsioni simili su una materia così complessa come lo sviluppo di un bambino. E, per quanto avanti per i tuoi tempi, vieni pur sempre da un'epoca caratterizzata dal paradigma della linearità: o bianco o nero, o giusto o sbagliato e che appena appena si stava interessando al mondo dei bambini per poi venire dirottata sul più bello dall'enorme iceberg alla deriva del capitalismo.

Così, pian piano, sto mettendo insieme tutti i pezzi, sto collegando i miei vari segmenti e comincio a fare i miei primi passi.

E' stata dura ma sai che cosa ho scoperto? Che anche io so portare avanti una battaglia! 






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