07 settembre, 2018

STORIA DI UN FOGLIO DI CARTA


<<  C'era una volta...
— Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori.
— No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta...>>... un pezzo di carta.


Non era un pezzo di carta di qualche valore, come una banconota o una stampa antica ma un semplice foglio di carta bianca sgualcita, spiegazzata, che era stata forse stropicciata, di quelli che tutt'al più puoi usare ancora come brutta copia o lista della spesa e che dopo accartocci per l'ultima volta e butti nella spazzatura.


Il fatto è che un bel giorno questo pezzo di carta capitò sulla scrivania di un vecchio scrittore   smemorato che in quel momento aveva urgenza di trovare un supporto su cui appuntare qualcosa che aveva già dimenticato, avendo temporaneamente smarrito il suo blocco da viaggio.

Il vecchio era sempre stato piuttosto sbadato e si perdeva pezzi di cose in continuazione. Un vero disastro. Proprio non ce la poteva fare!

Durante la sua lunga e disordinata esistenza aveva perso quasi tutto ma qualche cosa la ritrovava ogni tanto... per caso.

Ad ogni modo, era arrivato in fondo alla vita e stava scrivendo il suo ultimo racconto, quando ne ha perso l'inizio e il supporto: niente blocco, niente taccuini, ma dove erano finiti? Mistero. Almeno adesso aveva quel pezzetto di carta. Normalmente lo avrebbe buttato via, i suoi pensieri erano importanti e quindi preziosi e per conservarli usava sempre blocchi, taccuini e quaderni costosi. 

Era seduto lì, così, che raccoglieva le idee... quando si irritò per la seccatura di aver smarrito pezzi di sé così importanti e, in uno scatto, fece per iniziare ad accartocciare quella paginetta bianca, quando...

 -Ahi!

-Chi è?

Il cuore gli andò in gola e si sentì i battiti fin dentro alle orecchie.

-Devo stare calmo- disse tra sé e sé e fece per prendere una penna per appuntarsi di andare dal dottore l'indomani.

-Con quella?

-Chi è che parla? Chi c'è in casa?- sussulta.

-Io.

-Io chi?

-Il tuo foglio.

-Quale foglio?

-Il foglio di carta.

Il vecchio si agitò... -Se è uno scherzo, lo trovo di cattivo gusto!

-Magari fosse uno scherzo! Invece sono qui sotto il tuo pugno e mi stai pesando un pochetto... 

Il vecchio alzò le mani come per arrendersi e non toccare niente di pericoloso e vide quel foglio che aveva sul tavolo animarsi: si alzò, fece delle pieghe che lo fecero sembrare vivo e parlò di nuovo.

-Ti ricordi vecchio di avere avuto un figlio in carne ed ossa che hai poi accantonato come fosse stata carta straccia?

-Non so di che parli... -, e allungò le mani per acchiapparlo ma...

-Altolà! Non toccarmi, devi prima ascoltarmi. Sei vecchio, non hai più molto tempo. E io ho deciso di vivere la mia vita. 

E così dicendo sfiorò un dito del vecchio procurandogli uno di quei taglietti sottili sottili e pressoché invisibili ma che bruciano moltissimo.

-Va bene, va bene, ti ascolto, ma bada che ti accartoccio se mi fai arrabbiare.

-Mi hai già accartocciato una volta, vecchio, te lo sei dimenticato? Adesso posso solo tornare bambino. Ed è proprio quello che voglio fare. Ma mi serve il tuo aiuto.

Così dicendo Il foglietto si irrigidì tutto e si sdraiò fiero e coraggioso sullo scrittoio di quel vecchio.

-Adesso farai quello che ti dico altrimenti ti ferirò ancora e il taglio sarà molto più profondo.

Il vecchio tentò di agguantarlo, gli sembrava vulnerabile adesso quel foglietto in quella posizione sottomessa e voleva liberarsene subito, non gli piaceva la prepotenza. Ma... Frhhrhrhr, un altro taglio, sull'indice. Subito si guardò il dito e lo portò alla bocca... sentendo il sapore del sangue montò su tutte le furie.

-Adesso basta! O sono pazzo o quanto è vero che sono tuo padre, io ti ammazzo-, disse paonazzo.

Frhrhrhr, un altro taglio ancora più profondo e stavolta sul braccio; poi ci fu una lotta e i tagli si moltiplicarono e quando il foglio gli fu alla gola come una lama, il vecchio si arrese e chiese pietà.

-Siediti e prendi una matita morbida- disse il foglio. 

-Disegna il bambino che ti ricordi ma aggiungi tutti gli anni che sono passati da quando mi hai accartocciato. Fammi bello, perché sono tuo figlio e vorrai di certo vantarti quando gli altri mi vedranno. Disegnami i capelli come i tuoi quando eri giovane e colorami gli occhi di verde. Vestimi bene. E disegna con attenzione. 

-Poi girami e disegna dietro di me la tua casa con una porta aperta per entrarci quando sarà il momento. Andrai a vivere lì quando sarò tornato persona vera e così non dovremo mai più incontrarci. Abiterai nel tuo disegno, inconsapevole come sempre ma stavolta innocuo e io saprò sempre dove trovarti per consultarti, chiuso lì dentro e depositato nell'archivio dei miei ricordi.

-Va bene-, disse dolorante il vecchio, stanco e deciso ad assecondare quelle allucinazioni per non affannarsi e rischiare di morire e cominciò a disegnare tutto quanto. Si accorse che disegnava piuttosto bene ma non si ricordava di saperlo fare. Quando finì il disegno, si fermò a lungo a guardarlo. Le ferite gli dolevano e gli venne da piangere: il giovane sembrava il suo ritratto ed era proprio bello, come aveva potuto dimenticarlo.

-Ecco, adesso guardami bene: questa sarà l'ultima volta che mi vedrai così come sono. Mentre io tornerò bambino e crescerò per gli anni che ho davvero, tu sparirai nella casa disegnata e non potrai più toccarmi. Hai scelto, in quel giorno lontano, di separarci e non potrai fare più niente. Vivrai come hai sempre fatto, nel tuo egoismo, solo che se tenterai di uscire dai confini del disegno io potrò cancellarti e tu non esisterai più. Ti conviene accettare e non cercare di lottare o elaborare il lutto per la mia infanzia sarà quanto mai reale. Non mi hai più voluto, mi hai accartocciato e gettato via dalla tua considerazione: per te un gesto semplice e simbolico, per me un gesto così forte da essere reale. La fine della mia infanzia e della mia esistenza in carne e ossa. A causa della tua forza e della mia sensibilità mi hai letteralmente trasformato in un pezzo di carta stropicciato. La trasformazione è stata così rapida che tu non ti sei accorto di niente. Ed eri solo sollevato all'idea di non avermi più tra i piedi. Credo non sia avvenuta per caso quella trasformazione. Tu scrivevi pagine di cose, riempivi tutti quei fogli, a volte li stracciavi ma poi ti pentivi e li ripescavi: ho invidiato con tutto me stesso quei pezzi di carta; sembravi amarli, li toccavi, alcuni li conservavi come fossero stati dei tesori... qualcuno lo hai persino pubblicato. Ed ho aspettato, aspettato tanto che ti accorgessi nuovamente di me ma avevo paura e non mi facevo mai avanti. Ti ho visto lanciare nel fuoco altri tuoi fogli... A volte ho pensato di avvicinarti anche solo per quello. Per farla finita con quella inutile attesa e bruciare vivo. Ma ero giovane e testardo e sognavo, pensavo che prima o poi avresti capito il tuo errore e che mi avresti riconosciuto il mio valore. Gli anni sono passati e tu non hai fatto niente. L'unico interesse che nutrivi per i tuoi fogli era quello di essere ammirato attraverso di loro e con quel tuo fare arrogante continui a sciupare occasioni, a dimenticare, a ignorare. Così ho capito di stare buttando la mia esistenza nell'attesa di un riconoscimento che non sarebbe mai arrivato. Ero disperato. Ma quando ho realizzato la farsa che doveva esser stata la tua vita, non ho più provato rabbia. Sei arido dentro, non hai nulla da offrire. Ed ho scoperto da solo il mio valore. Adesso, per favore, scrivi il mio nome, l'ultima cosa che ti resta di me, e diciamoci addio.

Il vecchio scrisse delle lettere sul foglio e leggendole si ricordò tutto: di quel bambino, forse persino desiderato, di quando era nato, quando lo aveva visto l'ultima volta in carne ed ossa. Era bello e lo chiamava papà. Ebbe un sussulto ma poi gli passò. Sapeva che quel figlio non lo voleva più e mentre stava per gettarsi su di lui ancora fatto di carta, qualcosa successe perché non ricordò più nulla. Era seduto al suo solito scrittoio e cercava un pezzo di carta. Com'è che perdeva sempre tutto? Sentì una voce di bimbo ridere felice in lontananza e pensò a quanto fossero fastidiosi i figli dei vicini...

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