19 marzo, 2018

IL SASSO

19 marzo, festa del papà...

Per anni a scuola ho preparato regalini da portare a casa e archiviare per la festa del papà. Quello del quale ricordo meglio la preparazione è stato un sasso dipinto, confezionato alla materna mentre mi scappava la cacca e cercavo di tenerla...inutilmente perché poi me la sono fatta addosso...

I pensierini destinati ai genitori mi portavano una gran iella (Temi Difficili Alle Elementari)! Sono stata molto sgridata dalla maestra che mi ha dovuto cambiare prendendo a prestito il cambio di un mio compagno: ricordati di dire alla mamma di riportarlo pulito, hai capito! Vergognati!

Ti pare di tormentarmi con il tuo livore, brutta strega isterica, mentre sto esprimendo tutto il mio sentimento per mio padre???

Certo, uno vive un doppio dramma -preparare l'ennesimo regalino a vuoto per suo padre stronzo e, sotto sforzo di concentrazione, riprodurre simbolicamente la propria figura genitoriale- e questa protesta e mi umilia! 

Aveva intuito cosa stava per succedere e avrebbe voluto portarmi in bagno in tempo ma ero comprensibilmente assorbita dal gesto creativo, per abbandonare la mia opera anche solo un momento...

A pensarci bene, sarebbe stato ganzo trovarselo a casa, andargli incontro così, piena di merda, tirargli il bel sasso variopinto in testa e poi, una volta steso a terra e finalmente alla mia portata, sedermici sulla faccia! Un gioco simbolico per me, con un retrogusto così reale per lui...

Devo rivalutare le maestre di quell'asilo a questo punto: mi avevano dato l'occasione di esprimere le mie emozioni represse tramite l'arte, suggerito un gioco simbolico di grande soddisfazione per un bambino (uccidere il genitore) e fornito un oggetto-mediatore della relazione che nella realtà avrebbe potuto essere un'arma contundente! Il sangue si sarebbe poi confuso tra le macchie di pittura...nessuno avrebbe cercato l'arma del delitto tra i regali di una bambina e, comunque, a 4 anni non sarei stata perseguibile ancora...

Mia madre, da quando ho memoria, quando me la facevo addosso mi gonfiava di botte e mi urlava contro furibonda e non ha mai molto gradito i miei regali, anzi me li cassava quasi sempre. Ripensandoci, quel dono, passata la festa del papà, avrei potuto riciclarlo per festeggiare pure lei la volta dopo! 

Ma lui non è mai venuto a prenderselo e così il sasso è rimasto lì, ad aspettarlo.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
 

17 marzo, 2018

ESSERE BAMBINI

Fare il bambino è proprio uno sporco lavoro. 

Non parli o ti esprimi che gli adulti da cui dipendi non capiscono niente, vanno in crisi, si mettono a leggere come matti manuali, si imbarazzano, non sanno a chi chiedere, vorrebbero essere adottati dalle maestre dell'asilo, avere una consulenza h24 perché l'insicurezza è tale che non sanno come fare neppure dopo molte letture; poveretti, nella corsa all'affermazione, all'emancipazione, alla sopravvivenza psichica, durante la fuga dai propri bisogni profondi e dalla consapevolezza...hanno rimosso sentimenti ed emozioni e non frequentando bambini dai tempi dell'asilo, oggi, un po' li temono pure...

Prendiamoci cinque minuti per pensare a come deve essere la vita di un bambino per umanizzarlo e renderlo più comprensibile e meno spaventoso.

Da piccoli le emozioni sono un grumo indistinto che esce fuori tutto insieme, violento e angosciante. Non ci si capisce niente, in certi momenti, ti senti solo disintegrare improvvisamente. E se stai in quella condizione di disagio diffuso, generalizzato e insopportabile, di rabbia, mista a tristezza, mista ad angoscia di perdere l'amore e a paura di scoppiare...è urgente trovare qualcuno in grado di capire, altrimenti ti senti solo di una solitudine davvero orribile e rischi la dissociazione. 

Se in quei momenti ti trovi di fronte allo sgomento, al panico e alla rabbia furibonda di tua madre e tuo padre che vanno in risonanza, reciprocano o non sanno che fare...pensi che quella sia la fine e ogni cosa si complica, si aggroviglia: ridi magari perché piangere è anche peggio ma così sembri un caso patologico e li allontani; tiri pugni perché vuoi un abbraccio ma quello non arriva mai al momento giusto, se non per acchiapparti e sculacciarti; corri per non farti prendere o per farti prendere in un ultimo disperato tentativo di attirare l'attenzione di cui hai tanto bisogno, ma hai fatto talmente tanto casino a quel punto che ti arrivano solo urli, isterie, rabbie e altri 'sculaccioni'.

Inoltre per fare ordine bisogna prima fare disordine: buttare fuori e sperare che qualcuno là fuori ci capisca qualcosa, elabori, interpreti, restituisca tradotto, possibilmente attenuato e ci aiuti a mettere finalmente un po' a posto...

Ma là fuori ci guardano come fossimo alieni...dov'è il libretto di istruzioni di questo piccolo demonio...nessuno li aveva preparati, se poi lo avessero saputo...

Da piccolo la vita è un casino: per vivere e crescere dipendi, hai bisogno di fusione ma anche di sperimentare momenti di indipendenza, di diffusione, in una giusta alternanza e proporzione; e devi testare continuamente quel contenitore fatto di mani e braccia e amore che sono mamma e papà sperando che siano abbastanza forti, che non si disintegrino davanti ai tuoi occhi, che continuino a volerti bene qualunque sia la tua emozione; sperando di essere rassicurato, tenuto e di non essere ferito durante queste prove...

Tra i 12-18 mesi circa, come strategia per 'diffonderti', cominci pure a prendere a morsi, calci e tirate di capelli i tuoi genitori e chi ne fa le veci...e volevi solo far capire che hai capito che sei qualcosa di diverso da loro, proprio come loro sperano tu capisca presto se no si esauriscono...ma anche stavolta sei maldestro e quelli di là, con sempre meno capelli, insonni e i nervi a fior di pelle...chissà come la prendono. 'Lo fa apposta', 'Guarda che occhi che fa', 'E' terribile'...se solo avessero visto che fanno tutti così, che è solo un transitorio passaggio obbligato, che è difficile tanto per i genitori quanto per i bambini... 

Ma spesso si fan figli senza nessuna preparazione e con scarsa consapevolezza di sé e di quale sia la propria responsabilità di genitore. Come prendersi un cane senza sapere come educarlo, per finire poi a dargli dei calci o ad abbandonarlo. Più o meno, a livello emotivo, si può far lo stesso con un bambino: si tollerano i suoi eccessi senza saper cosa fare, a lungo, poi si scoppia e li si investe di rabbia. 

Ma il bambino era stato autorizzato proprio dagli adulti, dai propri genitori -inconsapevoli- a chiedere ancora e ancora, nel momento in cui lui cercava il limite come doveva e non lo trovava. 

Ad un certo punto però lo trova, certo, perché subentra il limite emotivo dell'adulto che determina un brusco cambio di registro e di tendenza. 

L'adulto dà il limite alzando bandiera bianca, sfinito, furibondo, arreso, non di fronte all'ingratitudine e all'ingordigia del figlio -come crede- ma alla propria inadeguatezza al ruolo di genitore e solo dopo aver lanciato un missile terra aria travestito da rimprovero: sei sbagliato, non ti sopporto, perdi il mio amore, mentre magari gli chiede tuo fratello com'è che è così diverso da te? 

Che poi, il risultato di tutti quegli esercizi vanno a formare le basi del nostro copione e le strategie di adulti con cui entrare e rimanere in relazione...Capito di che cosa è l'inizio? E poi ci si chiede come mai ci siano così tante difficoltà di comunicazione tra le persone...

Capito che casino essere bambini? Non c'è volontà malefica in loro, solo un grandissimo bisogno di essere amati, rassicurati e affettivamente contenuti. 

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------


IL MIO SUPERPOTERE

A volte la tristezza mi avvolge e immobilizza, come una fitta nebbia; mi sento intorpidita e priva di consistenza...e in questo stato mi è difficile ogni cosa. Così chiudo gli occhi, metto su un po' di musica, cerco di fare uscire le emozioni...la rabbia, la tristezza, la paura, le stesse che ho raccolto in questi giorni, di cui adesso sono piena: avverto una certa pressione dall'interno ed ho bisogno di lasciar andare qualche cosa.

Com'è difficile in questi momenti, quando ti senti un tutt'uno con i tormenti tuoi e degli altri...

Ma lunedì torno al lavoro e dentro me devo aver fatto uno spazio sufficiente per potermi fare carico di nuovo.

La musica prende il posto della nebbia e mi culla in un abbraccio caldo, ma non basta: istintivamente faccio resistenza; una parte di me vorrebbe che rimanessi in controllo. Ma resistere mi sfianca e vorrei essere lontana da tutto per sfogare meglio. Un bel paesaggio, un viaggio. Servirebbe a distrarmi, forse, non a sfogare tutto questo. Ad ogni modo, mi tocca di farlo qui dove sono e cercare di non ferire nessuno. 

La difficoltà è soprattutto iniziale: lasciare andare piano per non lacerarsi...che il dolore sembra grosso e si gonfia dei tanti dolori simili che risuonano al suo passaggio. Per sua natura si amplifica e rimbomba per darsi un tono ed essere sicuro di essere sentito, senza sapere che così spaventa e si rischia di negarlo.

Ma ad un certo punto succede che piango, forte, triste, arrabbiata...poi più calma e infine rasserenata.

E sto meglio. Qualcosa dentro di me sta già germogliando. 

E per un attimo rifletto su chi sono, con affetto. 

Riscopro pure la mia bellezza, dopo aver cercato a lungo di nasconderla, di ritirarla, nel vano e disperato tentativo di passare inosservata, di non essere oggetto di cattiverie o di invidie. E capisco che ci sarà sempre una ragione per essere invidiati, che non c'è modo di sottrarsi agli occhi di persone cattive e infelici...bisogna solo trovare le risorse dentro di sé per continuare a splendere anche nell'oscurità.

Allora penso e mi aggrappo forte ad ogni raggio di bellezza che emano e lo accarezzo, ci gioco e rido. Sono felice. 

In fondo, il mio superpotere è questa mia contorta sensibilità: da un lato, debolezza dolorosa perché mi rende fragile ed emotiva e, dall'altro, dono unico e prezioso perché mi rende empatica con i bambini e le loro difficoltà. 

E questo dono non può portarmelo via nessuno. E possono raccontarsela, che io continuo a risplendere anche quando sembro stanca, distrutta o sconfitta.

Non c'è modo di sottrarsi all'invidia, alla cattiveria...allora, me ne frego e mi circondo e vivo solo con persone che hanno superpoteri complementari o affini, con cui ci capiamo e ci ricarichiamo e stiamo bene insieme. Poi esco nel mondo, ogni volta con un po' più di coraggio, sapendo, adesso, di poter tornare al sicuro, molto presto.

Grazie amici.


-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------