10 marzo, 2021

IL SALTO DI SPECIE

[Leggi prima: L'Uomo Selvatico]

Alcuni scienziati hanno sollevato il dubbio se l'Uomo, la Donna e la Figlia Selvatici possano effettivamente dirsi di appartenere alla specie dell'Homo Sapiens. 

Per la scienza attuale, non ci sono dubbi: le altre specie di Homo si sono estinte. Dunque appare impensabile che la Famiglia Selvatica possa appartenere a qualche ramo morto dell'evoluzione.

Si è però recentemente edotta l'umanità intera (tranne che per alcuni gruppi particolarmente resistenti alla conoscenza) della possibilità del salto di specie a proposito dei virus.

Si sa che gli scienziati non devono escludere nessuna possibilità, neppure la più remota, se vogliono riuscire a scoprire le Leggi della Natura. Perciò, da qualche tempo a questa parte, è stato avviato uno studio sulla possibilità di un salto da una specie di Homo ad un'altra, conservatasi tramite qualche sconosciuta funzione del DNA.

Vero è che l'Uomo Selvatico è solo una leggenda ma si sa che al fondo di ogni storia c'è sempre della verità. Così, dalla curiosità di alcuni scienziati e di altri professionisti, che si ritengono a buon titolo vicini di casa dell'Uomo Selvatico, è nato un progetto, inizialmente su base volontaria e autofinanziato, adesso finanziato dall'UE, per raccogliere quanti più dati a sostegno della tesi: Il salto di specie è possibile anche per l'Uomo? E, se sì, esistono più varianti in grado di fare salti differenti?

Pare che l'Uomo Selvatico possa effettivamente essere considerato una mutazione dell'Homo Sapiens in altre specie di Homo che si credevano estinte, perché in passato non avevano le condizioni per prosperare, mentre adesso, grazie alla adeguata trasformazione ambientale e sociale, sarebbero perfettamente a loro agio, decisamente più a loro agio di quanto non possa sentirsi un Sapiens, con tanto di degna rappresentanza politica.

L'indice RT per questa epidemia è elevatissimo.

Si è osservato in tutti gli esseri umani esposti alla vicinanza o convivenza con l'Uomo Selvatico, una rapida degenerazione che conduce in brevissimo tempo o alla morte o ad una orrenda mutazione.

Tutti gli esseri umani costretti a relazionarsi con l'Uomo Selvatico presentano sintomi preoccupanti per gli scienziati e che esitano in maniera molto differente a seconda del carattere del soggetto colpito dalla disgrazia. In tutti i casi, i contagiati assistono impotenti ad una esasperazione dei propri tratti caratteriali più marcati: i sensibili divengono ipersensibili e spesso muoiono. Gli indifferenti divengono sociopatici e spesso uccidono gli altri.

Si è visto che le vittime maggiori sono le persone sensibili. Negli ultimi anni sono aumentate esponenzialmente le richieste di aiuto psicologico di persone provenienti dalla zona dove è presente l'Uomo Selvatico; sono aumentati i ricoveri e le morti di giovani donne e uomini, persone emotive, intelligenti, spiccatamente sensibili. Questi soggetti fragili, di fronte ad una tale esposizione tossica, generalmente si lasciano morire, dopo atroci sofferenze emotive. Mentre, al contrario, nelle persone già predisposte all'egoismo, all'odio, all'indifferenza, all'alessitimia, la personalità muta ma sopravvive inasprendo i suddetti tratti, disumanizzando l'individuo, rendendolo totalmente anaffettivo, insensibile, indifferente, privo di empatia, di sentimenti, di passioni. Questi mutanti si nutrono di tutti gli altri. E' il caso dell'Uomo Selvatico.

Si sospetta che all'origine l'Uomo Selvatico sia venuto al mondo come un normale Sapiens ma che, a forza di deprivazioni, abbia fatto il salto di specie, mutando in Homo Ergaster, ritenuto erroneamente estinto. Comunemente, l'Homo Ergaster viene chiamato, in modo improprio, "L'Ergastolano", per quanto le sue caratteristiche specifiche siano certamente presenti in molti ergastolani.

L'Homo Ergaster era un uomo che già due milioni di anni fa aveva comportamenti socialmente ripugnanti e per questo era stato annichilito dalle specie più evolute, ancora numericamente superiori e capaci di coalizzarsi contro le minacce.

Questo ominide pareva essersi realmente estinto. Invece deve essere stato come riassorbito in forma di nucleotide nel DNA che, una volta presentatesi le condizioni favorevoli, ha provocato una trasformazione sostanziale nell'individuo ospitante.

L'Uomo Selvatico si è letteralmente trasformato in un ominide vissuto due milioni di anni fa e così hanno fatto pure coloro che, già ugualmente predisposti geneticamente, sono stati esposti alla sua influenza.

Molti individui, prima del salto di specie, necessitano di una fase intermedia durante la quale avviene una prima mutazione preparatoria al salto, partendo da certi tratti caratteriali sviluppati grazie ad un ambiente favorevole. E solo dopo compiono il vero e proprio salto di specie, mutando l'ospite in modo irreversibile, nell'Homo Ergaster.

Le condizioni ambientali favorevoli per questo salto di specie sono: l'avidità, l'egocentrismo, la diffidenza, l'indifferenza, l'anaffettività, l'alessitimia... elementi tutti eccessivamente presenti nella nostra società moderna.

Ecco dunque spiegato il fenomeno dell'Uomo Selvatico: non più leggenda ma caso umano diffusissimo.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------[Questo racconto è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto della fantasia dell'autore oppure sono usati in chiave romanzesca. Ogni somiglianza con fatti o luoghi o persone esistenti o esistite è puramente casuale].

09 marzo, 2021

SEMAFORO ROSSO

Da bambina, ad un semaforo, chiesi a mia madre che stava guidando per andare a trovare una sua amica: 

- "Perché il semaforo rosso è rosso?".

Lo domandai curiosa, come folgorata da una domanda fondamentale, mentre osservavo il semaforo in tutto il suo fascino, in attesa di ripartire.

- "Perché ci dobbiamo fermare per dare la precedenza alle altre macchine", fu la sua risposta, certamente pratica, razionale e sbrigativa.

- "Sì, ma perché rosso?"

-"Non capisco cosa dici, cosa vuol dire, cosa stai dicendo!!!". Risposta con increspatura disperante, testimonianza stavolta di una madre provata.

-"Perché rosso? Perché si chiama rosso?", domandai io, dispiaciuta di non riuscire a spiegarmi ma ancora curiosa di sapere, al punto da insistere a domandare senza accorgermi del pericolo imminente. 

Mentre mi accingevo a formulare meglio il mio difficile interrogativo, tutta concentrata sulle parole da usare, in un attimo la macchina, mia madre, io, tutto esplose.

Ancora una volta ero riuscita a fare del male senza capire come. 

Tra urla, grida e colpi, mia madre girò a sinistra, riformulando la destinazione: doveva urgentemente portarmi a casa per picchiarmi prima che la sua furia scemasse.

Era esplosa eppure continuava a guidare mentre mi colpiva senza successo perché troppo lontana e si dimenava sul sedile in preda ad una furia violenta e implacabile. Un evidente esempio di persona multitasking, capace di domare una bestia come me mentre contemporaneamente osservava il semaforo diventare verde (non chiesi mai perché verde), svoltava, seguiva la strada, parcheggiava.

Doveva arrivare a casa alla svelta, prima che la mia stupidità e la mia stronzaggine la facessero ammalare. Colpirmi violentemente funzionava sempre, dopo guariva e tornava quella di prima. 

Dopo una certa età, quella in cui si smette di sfidare i genitori, mica alla ricerca della separazione e della identità di genere come dicono oggi, ma per diaboliche intenzioni malefiche, la terapia della mia povera mamma funzionò ancora meglio e la bestia fu domata, almeno fino all'adolescenza. Per precauzione mi colpì ancora e ancora, a volte preventivamente. Io non capivo, ma lei sapeva con chi aveva a che fare.

Presi atto che, non solo dovevo essere scema perché facevo domande idiote, ma pure stronza, perché insistevo, con evidente intenzione maligna di tormentarla anche dopo che già avevo avuto una risposta.

Da bambina ero una ingrata. Se mi avessero conosciuta, certi teorici della pedagogia che andava di moda una volta avrebbero potuto scrivere un libro sul mio caso e intitolarlo: "La maledetta bambina ingrata", spiegando alle famiglie come individuare in tempo i primi segni diabolici e come prepararsi a domare un tale essere immondo, prima che si mangi il cervello dei suoi stessi genitori o li faccia ammalare.

Ero dunque una bambina malvagia, con poteri oscuri, tipo quelli degli stregoni, e di cui non avevo assolutamente il controllo.

Invece nessuno mi ha mai studiata, nessuno ha scritto un saggio, o anche solo un articolo scientifico sulla mia pericolosissima condizione.

Non solo, anni dopo, fior fiore di scienziati, evidentemente matti, scrissero addirittura "Il bambino filosofo", farneticando sulla preziosissima curiosità dei bambini e il senso profondo del loro incomprensibile modo di conoscere il mondo. 

Nessuno, dunque, era stato informato del potere malefico mascherato da curiosità di certi bambini diabolici come me.

Roba da matti. Se mia madre lo leggesse, certamente andrebbe fuori di testa, poverina.

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08 marzo, 2021

TEMPO

Ogni cosa ben fatta e apprezzata appieno richiede tempo: nascere, crescere, amare, comprendere, elaborare una perdita, cambiare, imparare, costruire.

L'ebbrezza da velocità, il movimento perpetuo sono una nevrosi. La nostra società tutta è nevrotica. Essendo però questa nevrosi tanto diffusa, si è preferito eleggerla a qualità, a pregio, a competenza, anziché cercare di prendersene cura. La velocità ha riempito il nostro vuoto esistenziale e il movimento è divenuto un'iperbole del bisogno profondo di cura e attenzione e tempo di cui necessitiamo per vivere e che ci neghiamo sistematicamente.

La pandemia ha tolto molto a molti di noi ma offerto anche tempo, non a tutti e non della stessa qualità, un tempo da dedicare a certe nostre parti piccole e delicate. Alcuni di noi si sono sentiti finalmente legittimati oppure sono stati come costretti dalle circostanze particolarmente favorevoli ad abbassare le difese e finalmente a fermarsi e fare qualcosa di veramente buono per sé stessi per la prima volta.  

Da marzo ad oggi, a causa della pandemia, ho vissuto sia drammi che gioie. Sono stati presenti, fianco fianco, il brutto e il bello, la salute e la malattia, la vita e la morte, la sofferenza e il piacere, sempre, in ogni giorno, con prevalenza ora dell'una, ora dell'altra, ma sempre insieme. Per questo mi sento di generalizzare dicendo che la pandemia di per sé non è soltanto una tragedia ma persino una risorsa.

Non parlo da privilegiata nel senso di benestante o di indifferente. Ho vissuto in questo anno emergenze e drammi che mi hanno colpito su vari fronti. Però mi sento una privilegiata per aver saputo cogliere ciò che di buono continua ad esistere nonostante tutto, fuori e dentro di me.

Non è la solita retorica che sento ripetere a pappagallo e senza badare allo stato dell'interlocutore, dai soliti eletti, dalle anime superiori che paiono vedere solo il bello di ogni situazione, con insopportabile disinvoltura. Dico retorica innanzitutto perché sono invidiosa e poi perché se sono sfracellata in terra, sui resti di me stessa, non è carino dirmi quanto invece sei fortunato tu che vedi solo il bello, sbattendomelo in faccia come la figurina introvabile, il Santo Graal, il biglietto vincente della lotteria. Cazzo, se trovi uno asfaltato magari limitati ad una mano su ciò che ne rimane e mostragli quanto siano preziosi i suoi resti. Altrimenti quello rischia di finire di disintegrarsi per senso di inadeguatezza. No, ormai esistono solo pessimisti cosmici che dicono sempre e solo che va male per non attirarsi le invidie degli altri e ottimisti cosmici che dicono solo che è tutto bello, i fiori, la vita, ecc. Entrambi inutili al prossimo. Tié.

Sembra la società degli opposti. Tanta strada per continuare a ragionare secondo il paradigma della linearità: bianco/nero, giusto/sbagliato, bello/brutto. Chissà quanto ci vorrà per integrare gli opposti e convivere con la bellezza e la bruttezza propria e degli altri.

Tempo. Se si pensa che certi cambiamenti attraversano intere generazioni, c'è caso che in una vita non si faccia a tempo a vederne il risultato. Vale comunque la pena averci provato. Altrimenti sei come l'Uomo che Puzza e non ha senso la tua esistenza. Ma, il senso ha senso se uno non se lo domanda?

Quindi il tempo è molto e, a volte, è tutto. Solo il tempo guarisce alcune ferite del corpo e dell'anima. Lo so per esperienza. Un lutto fa male finché non viene elaborato e per farlo ci vuole tempo. Dura quello che deve durare e non ci sono medicine. Si può cercare la vicinanza delle persone care, degli amici, della psicoterapia, quando ci sentiamo sopraffatti. Ad un anno dalla perdita di mia nonna, il dolore c'è ancora, ma è cambiato nell'intensità. All'inizio pareva insopportabile e lo è stato per molto tempo. Adesso ci convivo, mi emoziona, ma mi lascia respirare.

Il tempo è un bene molto prezioso e, se fosse simbolo di ricchezza, in questo momento sarei ricca sfondata. E allora, perché non apprezzare questa ricchezza, per quanto effimera, e smettere finalmente di preoccuparmi per il futuro che sembra divorato dal Nulla*?

Il tempo è ricchezza e infatti c'è chi lo ruba. Riprenderselo non è semplice, tant'è che spesso, per riaverlo, ci si ammala, delegittimati come siamo a difenderlo. Ci hanno addestrati a svenderlo o ad appropriarci di quello degli altri. 

Quindi, in questa condizione di pandemia, davvero faticosa e destabilizzante, se hai tempo e puoi abbracciarlo, fallo senza pensarci troppo, non sgualcirlo con liste di impegni inutili e inutilmente ammassati. Coccolati e coccola. (E non dico apposta goditelo perché nel nostro tempo significa spremilo, agitati e usalo egoisticamente).

Buon tempo a tutti.

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*Cfr. La Storia Infinita di Michael Ende.

06 marzo, 2021

RIPRODUZIONE ED EVOLUZIONE

L'innamoramento, la nascita di un sogno, l'idea per un progetto hanno il potere di illuminarci dentro a giorno, come se si accendessero per un attimo contemporaneamente tutte le luci del mondo necessarie a vincere il buio dell'Universo. Il consumo energetico è al massimo, perciò questa condizione dura poco. Ma è la spinta iniziale che serve ad avviare e poi compiere le grandi imprese: amare, superare ostacoli ai nostri sogni e credere in progetti altrimenti impossibili, rischiando persino delusioni che mai e poi mai, in condizioni normali, oseremmo anche solo immaginarci di poter sopportare. 

In quei momenti siamo come sotto effetto di stupefacenti, come se tornassimo adolescenti, infiammabili e incapaci di valutare più di tanto le conseguenze delle nostre azioni.

E' come se fossero stati progettati dei pulsanti nel cervello che si premono con un'emozione, una sensazione, un pensiero speciali, per darci una carica aggiuntiva di coraggio e determinazione tali da permetterci di rivoluzionarci, di trasformarci, di crescere e cambiare.

Processi necessari all'evoluzione. 

Talvolta però, questo meccanismo si inceppa perché, un attimo prima di premere il pulsante, siamo portati a prefigurarci la possibile sconfitta, il possibile fallimento, il disastro, la noia. E si rimane fermi sul posto o, peggio, si regredisce a stadi energetici bassi, bassissimi e che ci consentono a malapena di rimanere nella nostra zona di comfort. Dopo una eccessiva permanenza nella zona di comfort, subentra l'atrofizzazione cerebrale e la morte della nostra parte più vitale. Insomma, ci trasformiamo in zombi, dipendenti dal solito copione. Una premorte, l'anticamera di quella definitiva che sopraggiunge quasi sempre come una liberazione. 

Si sa che nel realizzare i sogni si procede per prove ed errori. Il rischio di fallire va messo in conto, senza scoraggiarsi alle prime occasioni.

Bisogna poi saper trasformare, far evolvere l'energia della spinta iniziale, destinata a consumarsi in fretta, in una fiamma controllata e durevole. Un'arte. Forse l'arte più nobile e complessa che un essere umano possa sviluppare. E, quando ci riesce, certamente ha raggiunto l'obiettivo più evoluto della propria esistenza e contribuisce, nel suo piccolo, all'evoluzione della nostra specie.

Ma non ci riesce quasi nessuno, infatti viviamo in un mondo di vigliacchi, frustrati, infelici e incazzati. Come l'Ignorante che Puzza e tutta la sua orribile famiglia, fermo con ostinazione a qualche stadio superato dell'evoluzione.

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05 marzo, 2021

MADRE ANAGRAMMA DI _____, PADRE DI PERDA

Ci avevate mai pensato? 

Era un giorno qualunque, si faceva un gioco di parole tipo Il Bersaglio della Settimana Enigmistica ed è successo: madre anagramma di mer... avete capito, e padre di perda. Orribile e profetico: che la madre sia una mer... e che il padre si perda per strada. E sia una mer... pure lui. 

Ovviamente non va sempre così. Ma quando succede, forse elaborare la frustrazione attraverso un gioco, per quanto di parole, può aiutare.

Insomma, si potrebbe costruire un bersaglio mandando a stendere tutta la famiglia. Studiare una successione complessa, poi, assolverebbe a più funzioni contemporaneamente: dare soddisfazione alla nostra creatività, attivare aree diverse del cervello, avere un adeguato passatempo per quando desideriamo prolungare la nostra permanenza al gabinetto nella speranza di avere una tregua dalla vita e un momento solo per noi. Un esercizio mentale che potrebbe dare sfogo al magma infernale che ribolle nel nostro inconscio e farci evacuare spensieratamente.

Il bersaglio potrebbe infatti aiutarci a mantenere fisso l'obiettivo (esprimere dissenso nei confronti dei genitori quando ci appaiono ottusi, insensati, pessimi), osservare le nostre emozioni, i nostri sentimenti nei loro confronti, imparando a gestirli ed esprimerli adeguatamente. Troppo spesso succede di dirottare le nostre rimostranze su altri che non c'entrano nulla. Invece dobbiamo farci carico della nostra storia e andare oltre, tagliando il cordone ombelicale, i legami perversi, le dipendenze dai copioni, smettendo di aspettarci una qualche comprensione o riconoscimento, smettendo di preoccuparci finalmente di ciò che non ci appartiene ma che ci ostiniamo a portarci appresso: il loro sguardo.

Proviamo a costruire un bersaglio/sfogo/associazione di idee, anche con parole che certamente non diremmo mai ai nostri genitori ma che, talvolta, sentiamo risalirci alle labbra dal profondo. Un percorso che, ad un certo punto, offra magari una via di uscita, mettendo come parola finale, ad esempio, libertà, respirare, lontano, gioia, sole. Una possibile soluzione verso la quale andare man mano che si risolve il bersaglio o i bersagli. A volte, uno non basta. E per le parole ognuno sceglie le sue. Se volete che le pubblichi, bisogna che non siano oscene.

Risolvere/costruire il bersaglio ha il vantaggio di regolamentare il flusso delle nostre emozioni, contribuendo a prepararci emotivamente ad un eventuale successivo confronto vis a vis più calmo e determinato.

Offendere direttamente la famiglia darebbe un senso di svuotamento e liberazione solo momentanea perché presenta degli svantaggi: può comportare un ulteriore deterioramento nei rapporti, una reazione di chiusura totale, sensi di colpa, clima di guerra fredda. 

Possiamo sempre cercare il confronto e, dove impossibile, congedarci, quantomeno grati per aver ricevuto la vita (per quanto possa essere successo accidentalmente e nonostante ce l'abbiano fatta pagare saporitamente). Di certo, in quest'ultimo caso, non avremmo debiti. Dopodiché potremmo andarcene sereni per la nostra strada.

Mi riferisco qui in particolare ai genitori incapaci di assumersi la responsabilità del proprio ruolo, quelli che ci umiliano e svalutano, che non ci amano per ciò che siamo e magari ci tormentano. Non sto pensando ai casi limite. Lì ci vuole la legge, la medicina, un po' di fortuna oltre che forza, coraggio... altro che bersaglio...

Ecco un primo bersaglio da ricomporre. Si parte da "Parenti" e si arriva a "Libertà".

In ordine sparso le parole che, per associazione di idee, anagramma, aggiunta o sottrazione di una lettera, andranno collegate fra loro in modo unico per arrivare gradualmente da "Parenti" a "Libertà".

Parenti      Navigare           Ratto                 Constrictor            Dopo                Saldo

           Boa               Caldo             Soffoca                    Dubito           America            Inferno

Subito          Muori              Serpenti                Topo                 Rotta                 Simbolo

                                 Nave               Debito                  Sbarcare          Libertà 


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Soluzione:

[Parenti/Serpenti/Boa/Constrictor/Soffoca/Muori/Inferno/Caldo/Saldo/Debito/Dubito/Subito/Dopo/Topo/Ratto/Rotta/Nave/Navigare/Sbarcare/America/Simbolo/Libertà].  

02 marzo, 2021

Il PIANETA RIMOSSO

Durante il suo viaggio nell'Universo, il Piccolo Principe* giunse sul pianeta dell'Ignorante che Puzza. Fu una esperienza tanto terribile che la rimosse.

L'Ignorante che Puzza si crede il padrone del pianeta e tratta gli altri abitanti come degli invasori. Soprattutto le donne che considera... com'era quella parolaccia che usano certi adulti per umiliarne altri? Avete capito. Terribile. Diceva continuamente "Quella t... di qua, quella t... di là".

L'Ignoranza di per sé non sarebbe nulla di grave. Ma la sua è una ignoranza ottusa, ostinata e complicata dalla cattiveria.

L'Ignorante che Puzza avrebbe potuto semplicemente essere un ignorante con la i minuscola, nel senso stretto di persona priva di istruzione. Ciò non gli avrebbe impedito di essere ricco di qualità, doni e competenze umane, di sensibilità, di fiducia e altruismo. Avrebbe potuto essere una persona curiosa e interessante e con una parte di potenziale inespresso ma pronto a manifestarsi non appena gli si fosse presentata l'occasione. Il Piccolo Principe scoprì presto a proprie spese che la mancanza di istruzione non è nulla di fronte alla condizione assai peggiore e di difficile evoluzione che è l'analfabetismo emotivo.

Si sa, la prima alfabetizzazione emotiva avviene in famiglia. Poi ne dovrebbe seguire almeno una seconda, di rinforzo, a scuola. Ma, per riceverla, intanto bisogna andarci, a scuola. E comunque, non sempre la scuola riesce a colmare certe lacune abissali.

Evidentemente all'Ignorante che Puzza non è arrivato sufficiente nutrimento in questo senso e, a causa della sua successiva condotta di vita, priva degli adeguati stimoli a crescere e cambiare, è avvenuta in lui una potatura mortifera e totale di tutte quelle connessioni necessarie ad una corretta evoluzione. Per questo, l'Ignorante qui ha la I maiuscola. Ignora in senso assoluto. E puzza.

Lo studio, la lettura, lo sport, la condivisione con altri di interessi e attività arricchiscono e aprono la mente. Ma certamente l'Ignorante che Puzza deve aver creduto di essere nato già fatto e finito e di doversi arricchire solo economicamente. Perché, mai e poi mai, in tutta la sua misera esistenza, gli è venuto il dubbio di aver qualcosa da imparare dagli altri, per lui una manica di inutili sciocchi da deridere in tutto e per tutto. Nutre infatti profonda convinzione di essersi fatto da solo e di potersi affinare al bar per quel poco che gli manca, osservando certi suoi simili ICP comunque sempre criticatissimi, al massimo per acquisire uno o due trucchetti triviali, necessari alla sua meschina esistenza. Certamente deve aver creduto che fosse possibile vivere in quell'unico modo lì e che i rapporti umani fossero riconducibili a semplici stereotipi di convenienza. Una potente e pericolosa semplificazione.

Sembra che, nella sua famiglia, ognuno reciti una parte assegnata da un copione collaudato da millenni. Entrambi privi di passioni vere e proprie, l'uomo fa, senza porsi domande, si accoppia, figlia suo malgrado, garantisce la sopravvivenza alla prole come capita ma con autorità, mentre la donna cura l'apparenza, si occupa della casa, la pulisce, la fa benedire anche se non sa cosa sia avere fede. Ogni sua azione è ottimizzata e finalizzata all'apparire in regola allo sguardo distratto o impotente dei malcapitati testimoni. Sia lui che lei rispettano il proprio copione con precisione maniacale. Inoltre, sia a casa che fuori, fanno la stessa cosa: faticare lui in mestieri tradizionalmente svolti da uomini, pulire lei, entrambi fino a consumarsi le giunture. Niente di male, se non fosse che quelle due attività, nel giro di poco tempo, grazie alla determinazione con cui ne hanno ricercato l'automatismo, possono essere compiute senza pensare, staccando completamente il cervello. Si sa che il cervello è pigro e, se assecondato, va facilmente in automatico e atrofizza ciò che non utilizza, ottenendo certamente di affaticarsi meno, ma danneggiandosi su lungo periodo. Perché pensare quando domani arriva lo stesso e con meno sforzo?

Studiare, fare esperienze diverse, conoscere persone nuove con le quali condividere tratti del proprio percorso esistenziale serve a non marcire umanamente e a mantenere il cervello bello, attivo e sano. Il comportamento dell'Ignorante che Puzza, per un circolo vizioso, deve aver causato l'aggravamento costante delle proprie funzionalità psichiche. Un impoverimento inesorabile e devastante che lo ha reso una persona inadeguata alle relazioni, che siano con persone o animali. L'indifferenza alle emozioni dell'Altro è tale da produrre in un osservatore esterno una stretta al cuore, seguito da disgusto, vomito e senso di orrore.

Questa ignoranza profonda, totalizzante, ha permesso all'Ignorante che Puzza di costruirsi una corazza impermeabile: egli non ha la benché minima consapevolezza della propria miseria umana e ciò gli consente di non preoccuparsi di nulla, tranne di come allontanare il prossimo o addomesticarlo a dovere affinché lui possa continuare a vivere nella propria illusione autoreferenziale e onnipotente. Un meccanismo di difesa eccellente. La semplificazione assoluta. Egli ha ridotto le dimensioni del proprio cervello fino ad ottenerne il funzionamento minimo necessario a vivere senza pensare. Notevole. Parlargli è assolutamente inutile. Sa quattro frasi che utilizza per qualsiasi conversazione.

La puzza, purtroppo, è la conseguenza dell'eccesso di ignoranza: a forza di accumularsi, inizia un processo di fermentazione misto a marcescenza. Appena apre bocca, l'Ignorante che Puzza stende chiunque con il fetore dei propri marci pensieri. Certamente la puzza può intensificarsi anche a causa di abitudini compensatorie puzzolenti: per esempio, fumando il sigaro per darsi un tono. E' poi una immagine oscena vederlo ciucciare quel sigaro come se fosse la tetta della mamma. In quei momenti, l'Ignorante che Puzza appare nella sua infinita piccolezza, un uomo miserevole, un essere che ha lasciato germogliare e avvelenare la propria vita nella frustrazione, nell'odio, nello squallore di rapporti finti, nella solitudine  esistenziale. 

Chiunque incontrandolo rimane colpito dalla sua espressione idiota piena di livore misto a scherno e convinzione di essere l'unico che ha capito tutto dell'Universo, ovvero che tutti gli altri sono il problema oltre che dei deficienti. Le donne poi sono tutte t.., inutili accessori che, finito di recitare il proprio copione, andrebbero appoggiate nel ripostiglio insieme alle scope.

L'Ignorante che Puzza è un uomo capace di stabilire sì relazioni ma a senso unico, solo di potere e completamente anaffettive. E' malfidato, diffidente e non impara niente. Non importa quanta pazienza e fiducia gli abbiano accordato i colleghi, i datori di lavoro, i familiari, i conoscenti, i vicini: lui, appena qualcosa non gli torna, dà loro contro con tutta la forza che ha in corpo, li tormenta, li investe con il suo giudizio inconfutabile, in una comunicazione unidirezionale, volta a colpire e, possibilmente, annichilire l'interlocutore. E qualsiasi reazione esasperata delle sue vittime è per lui conferma della propria giustezza. Non sa cosa sia il confronto. Non sa cosa sia la buonafede. Non ha idea di cosa provino gli altri, delle emozioni che suscita. Lui pensa e dice male appena si sente insicuro, ovvero spesso, se non sempre, non si sa mai. Tanto, secondo il proprio pensare, certamente se non lo fa lui con gli altri, lo faranno gli altri con lui. Una vera e propria profezia autoavverante.

L'Ignorante che Puzza è maleducato, cafone e non riesce neppure a realizzare che ciò che lo disturba dell'Altro è lo stesso che fa lui, solo che lui lo fa in modo più molesto e inopportuno. Tanto meno sa mettersi in discussione o accorgersi dei propri eccessi e atteggiamenti aggressivi, invadenti e inappropriati alle diverse situazioni. In fondo è pure un parsimonioso, per non dire tirchio, avido e avaro e ha una unica modalità relazionale con la quale pensa di poter gestire qualsiasi relazione. Un po' troppo poco persino nel suo mondo che ha ridotto ai minimi termini. Purtroppo, nessun essere umano può scollegarsi completamente dal resto del mondo e crearsi una bolla completamente indipendente, lui tantomeno. Prima o poi qualcuno atterra sempre nelle sue vicinanze e lui non potrà che trascorrere l'esistenza a difendersi, odiare e cercare di allontanare il prossimo fino alla fine dei suoi giorni. 

Conoscere l'Ignorante che Puzza sconvolse il Piccolo Principe che dovette soffrire molto a quella vista. Si racconta che incontrò altri Ignoranti che Puzzano e imparò a conviverci alla giusta distanza, riuscendo a ricordare di quel primo doloroso incontro. Provò infine pena per l'Ignorante che Puzza che, inconsapevole, passò a cervello spento l'intera esistenza.

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*Riferimento al racconto "Il Piccolo Principe" di Antoine De Saint-Exupéry.

[Questo racconto è un'opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto della fantasia dell'autore oppure sono usati in chiave romanzesca. Ogni somiglianza con fatti o luoghi o persone esistenti o esistite è puramente casuale].