10 luglio, 2020

L'INTRUSO

L'essere umano, durante l'intero corso della vita, è esposto continuamente a rischi di complicazioni anche gravi a causa delle relazioni che instaura.

Le prime complicazioni, quelle inevitabili, inizieranno dal rapporto con i propri genitori. Percepito come un intruso, prima dalla madre che lo ospita, poi dal padre che lo tollera, dai fratelli che per anni cercano di ucciderlo, l'essere umano rischia di identificarsi con la visione  distorta che gli altri hanno di lui. Quella di intruso.

In quel caso, egli si sentirà un intruso anche tra i compagni di scuola, i coetanei, gli amici, se non sarà portatore di caratteri vincenti e capace delle bassezze o dei virtuosismi adeguati all'ambiente in cui cresce.

Infine sarà un intruso nella vita del partner in qualità di portatore di un carattere, nonché di un passato e di un nostalgico copione anche molto differente da quello dell'altro che, non elaborato, inevitabilmente creerà incomprensioni, attriti, sofferenze e violenze a vari livelli.

L'essere umano, al grezzo, abbozzato, non si eleva più di tanto da quella condizione comune di intruso finché non prende consapevolezza di sé stesso. 

Purtroppo la consapevolezza è svalutata e per questo abbiamo, dalla gente comune ai più grandi scienziati, ingegneri, politici, letterati, ecc, individui magari estremamente preparati nel proprio circoscritto campo d'azione, geniali nella propria materia di studio e d'interesse specifico ma completamente idioti dal punto di vista emotivo/relazionale. Una condizione diffusissima.

Poi c'è chi dell'intrusione fa una ragione di vita, chi, nell'intromettersi, trova il proprio scopo, il senso della propria esistenza. Nell'essere onnipresente ritrova quel senso di sé, quella centralità da cui è gravemente dipendente. Quella pienezza che non potrebbe raggiungere altrimenti. 

Insomma, "essere intruso" può elevarsi a vero e proprio status: ce ne sono di già esistenti e, ad oggi, ben consolidati, come ad esempio lo status di suocero/a e di ex fidanzato/a, due categorie di intrusi professionali.

Ci sono persone infatti che quando le incontri cercano di insinuarsi nella tua vita per sempre. Ritrovare la propria autonomia da loro è molto difficile perché riescono a parassitare più individui contemporaneamente senza mollare la presa di nessuno, spinti a resistere dai tratti marcati di fissazione alla fase infantile dell'onnipotenza. Il loro scopo è quello di tenerti in pugno, mantenere la loro posizione in prima fila nella tua considerazione, davanti a tutti gli altri. Perché loro sono speciali e tu non sei che un prolungamento del loro ego. Per loro sei come l'acqua per una cellula. Si abbeverano alla fonte della considerazione degli altri. E necessitano, per dissetare quell'ego smisurato, avere infiniti pozzi da cui attingere, uno nel cuore di ciascuna delle persone che hanno visitato. 

Gli individui con status di suocero o ex fidanzato spesso si arrogano diritti di categoria, riconosciuti solo dal proprio ordine abusivo e non ufficialmente dallo Stato, contrariamente a quanto invece potrebbe sembrare; nonostante ciò, hanno un tale senso di appartenenza da sentirsi legittimati ad ingerire nella vita del proprio ospite come se le loro vite fossero indissolubilmente legate, e sono talmente abili nell'insinuarsi da risultare, se allontanati, persino vittime.

Ecco che l'intruso, in questa forma, certamente trova grandi soddisfazioni.

Si può essere intrusi seduttivi e compiacenti e per questo socialmente di successo: "Tutti vengono da me a parlarmi della loro vita! Non so proprio come mai!". 

Ma davvero non lo sai? 

L'intruso seduttivo e compiacente è il più difficile da estirpare dalla vita delle sue vittime proprio perché socialmente ben accettato. Per questo le vittime di questo tipo di intruso, spesso per trovare pace, devono allontanarsi momentaneamente da tutta una serie di amicizie comuni, frequentazioni, persino città...

Il massimo lo raggiunge chi poi fa del proprio status di intruso una professione tipo quella del counselor: in questo modo il suo difetto, la sua mania, il suo abuso è coperto e istituzionalizzato. Oltre che legittimato: "Te lo dico io che sono consulente!". Eccerto. Perlomeno, così facendo ha un grande bacino a cui attingere e, non essendo coinvolto personalmente, potrebbe pure risultare utile a qualcuno.

L'unica speranza invece per le sue vittime, è che l'ultimo ospite in ordine cronologico si incazzi e faccia chiarezza. La consapevolezza è l'unica arma efficace contro gli intrusi. Fare luce sui meccanismi in gioco automaticamente rompe gli ingranaggi e interrompe le dinamiche perverse.

E tu, che intruso sei?
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09 luglio, 2020

RICOPRIRE POI CON ACCIAIO, PIOMBO E CALCESTRUZZO

L'inferno esiste ed è la mia famiglia. E la città che la ospita e le persone che la circondano. Lo è l'umanità. Siamo noi, sono gli altri e non esiste male peggiore di quello che può farti un altro essere umano.

Esistono poi piccole bolle di paradiso, molto simili ad illusioni che crei con le persone che ami, che ti vogliono bene. Piccole realtà in cui ricaricarsi, leccarsi le ferite e sentirsi che vivere non è poi così male. 

Dopo aver visto la serie su Chernobyl, una immagine ha preso forma dentro di me: la mia famiglia e la mia città di origine come una centrale nucleare esplosa.

Le radiazioni fuoriuscite arrivano fin qui nella bolla, ma attenuate... riesco a distrarmi anche se mi sento ferita a morte dopo ogni visita.

Tornare dai miei è sempre devastante. Avvicinarmi alla mia città e ai miei è rischioso per me tanto quanto avvicinarmi pericolosamente ad un reattore scoperto di una centrale nucleare: vengo divorata da dentro. E mentre sono lì quasi non mi accorgo di nulla finché non è già troppo tardi.

E' vero che si sente parlare dei maltrattamenti al telegiornale ma per molte persone devono sembrare cose che capitano lontano da loro. In un altro spazio-tempo, nei film soprattutto. E quando uno dice di averne vissuti, pensano che esageri, che certamente te la racconti, che la vita non è il telegiornale, che loro stanno anche peggio, in fondo tu hai qualche dono invidiabile, mentre loro si sentono mediocri. Non può esserti andata poi così male. Stronza.

Ieri sera ho visto un film su dei prigionieri di guerra. Mi ha colpito il confronto tra i prigionieri appena catturati e gli altri lì da anni ridotti a pelle e ossa. I primi, i più consapevoli, vorrebbero mettersi subito all'opera per tentare di fuggire; i secondi li boicottano perché hanno paura di peggiorare la loro condizione. Ma sono quasi morti. 

Eppure funziona proprio così. Un prigioniero non tenta la fuga perché teme di peggiorare la propria condizione, ovvero di subire torture peggiori di quelle che è in grado di sopportare e che ha sopportato fino a quel momento e di cui non percepisce il naturale incremento graduale. Crede forse che si salverà, anche se non sa per quale ragione.

Mia madre mi ha tenuto in pugno finché non ho capito che non esistono regole e limiti alla sua cattiveria. Che non è vero che verrai risparmiato se rispetterai le regole, che non è vero che esistono conseguenze peggiori di quelle che stai già pagando e che a malapena sopporti. Perché è nella natura stessa del carnefice annichilire e per forza sarà sempre peggio ogni giorno che passa. Ti consumi un giorno per volta, anestetizzato da una falsa promessa di tregua. Una tregua che non arriverà mai, un traguardo che si sposta continuamente in assenza di pietà. Ma la speranza si nutre di quella bugia: che esista una fine alla tua sofferenza, che ci sia una logica in cui entrare e grazie alla quale uscirne vivo. Per questo ti illudi mentre muori lentamente. Quando lo capisci, allora ti ribelli. Se non lo capisci, è certo che muori. Pure se il corpo rimane. E io stavo morendo nell'illusione di una liberazione che non sarebbe mai arrivata.

Non c'è una logica salvifica. Il carceriere, per sua natura, sa solo fare e tenere prigioniero l'altro, non è in grado di costruire una relazione alla pari per il solo fatto che è capace di tenere qualcuno oppresso e di torturarlo al bisogno. Di ucciderlo.

Ho passato la vita in questo inferno e nell'incomprensione dei familiari intorno. Alcuni prigionieri della stessa illusione. Sono passata persino per ingrata quando, da sola, sono riuscita ad allontanarmi da tutto questo. Nessuno mi ha riconosciuto la sofferenza patita. 

Nella nostra società è facile finire per non essere creduti, per essere umiliati, incompresi e lasciati soli.
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