26 novembre, 2020

SCELTE, AMORE E ZOMBI

Se ci concentrassimo sulle scelte che facciamo continuamente, ogni istante della vita, potrebbe venirci un attacco di panico. Scegliamo in continuazione. Consapevolmente o meno, guidati da un bisogno, da un desiderio chiaro o nella totale confusione. Ma pur sempre scegliamo. Continuamente. E, scegliendo, diamo forma al nostro destino. Il fottuto destino. Altro che predeterminazione fatale dell'accadere! Il destino è il frutto del nostro scegliere. Ed è raro che il destino possibile sia uno soltanto! Quindi, più che il problema di avere un destino predeterminato, l'essere umano ha il problema di avere infiniti destini da poter creare. Certamente il copione famigliare aiuta a sfoltire le nostre infinite possibilità, riducendole drasticamente ad un numero finito. Ma ne abbiamo comunque tantissime a disposizione. 

Scegliere è faticoso, anche quando sceglie per noi il sistema nervoso autonomo. Scegliere con consapevolezza poi è faticosissimo. Anche perché la consapevolezza spesso arriva dopo svariati tentativi di scelte insoddisfacenti. 

Ricapitolando, per scegliere bene ed essere artefici di un destino sorridente, certamente qualche scelta la sbaglieremo. Di meno, se proveniamo da una famiglia che ha tramandato l'arte della consapevolezza di generazione in generazione, invece di ricominciare ogni volta da capo! Di più, se proveniamo da zombi che vanno avanti a testa bassa e non si fermano mai a sentire, a riflettere e a pensare e che si presentano come brutta copia di quelli prima di loro.

Oltre ad avere infinite possibilità tra cui scegliere, abbiamo pure svariate intelligenze molto diverse tra loro e spesso organizzate in compartimenti stagni. 

Data la complessità dell'uomo e l'horror vacui a cui necessariamente è soggetto, è normale che la tendenza sia quella di semplificarsi l'esistenza, riducendo drasticamente la complessità della realtà incerta, in poche semplici certezze. Solo che, tra semplificare un pochino e uccidere l'essenza stessa dell'umanità, in mezzo passa un mondo di possibilità. 

E, continuamente, umani a diversissimi stadi di semplificazione, di sviluppo delle diverse intelligenze, di consapevolezza dello scegliere si incontrano e, inevitabilmente, si scontrano.

Continuamente. 

Si capisce che vivere è un casino e le droghe spesso hanno un iniziale valore terapeutico, per alleviare il disagio di una responsabilità enorme già solo per sé stessi, figuriamoci per altri: scegliere mentre annaspiamo nella confusione e nell'incertezza è una condizione fetente. 

E fu così che nacquero i negazionisti, i no-vax, i terrapiattisti... Scherzo. E fu così che nacque il male di vivere: come cazzo si fa a trovare il coraggio di scegliere quando, per farlo con un buon livello di consapevolezza, dipendi, prima, dalle scelte di qualcuno prima di te e, poi, dipendi dalla tua capacità di sopportare il dolore causato dagli errori di quelli prima di te e dei tuoi, subito dopo e ad essi collegati?

Che cazzo. 

Se poi sei circondato da una umanità miserevole di zombi, di non morti né vivi, dove, da chi, come dovresti imparare a scegliere? 

Ecco la grande tragedia umana: imparare a scegliere decentemente prima di essere morti per davvero.

E' una tragedia perché la vita di chiunque è costellata di scelte di merda. E siamo tutti destinati a fare delle scelte del cazzo. La qualità della vita dipende da quanto le scelte del cazzo portano poi a quelle soddisfacenti. Allora sì che ci siamo destinati bene. Che abbiamo creato qualcosa di nuovo e che ci siamo, come dicono tanti, realizzati. 

L'esistenza migliora se pensiamo che sbagliare è una condizione inevitabile (contrariamente alla moda in auge fino almeno almeno agli anni 2000, del bianco e nero, del giusto e sbagliato, del lineare, del genitore e dell'uomo che non sbaglia mai) e che non dovrebbe contare l'aver sbagliato di per sé, ma cosa ci si fa con quell'errore. Le scelte del cazzo fatte erano il meglio che potessimo fare in quel dato momento della nostra vita di un po' zombi che eravamo. Col tempo però, siamo maturati un pochino, siamo cresciuti, siamo diventati persone più consapevoli, che hanno imparato dai propri errori, dopo averli ripetuti il giusto numero di volte necessario all'apprendimento. 

Una magra consolazione ma l'unica che ci resta.

Lo zombismo è una metafora perfetta della condizione umana di sempre: una malattia che colpisce l'uomo riducendolo ad un mostro che si trascina in preda al proprio istinto di mangiare e che (secondo i registi moderni) guarisce grazie all'amore. Alcuni hanno capito che i mostri della nostra vita e della terra in generale sono persone che non sono state amate e che non sanno amare: individui incapaci di provare empatia, sociopatici che, proprio grazie a questa mancanza, raggiungono un senso di appagamento solo violando i diritti degli altri e qualsiasi regola di comune convivenza. Per i sani di mente, queste persone non possono che portare morte e distruzione. Per tutti gli altri, sono un esempio di riscatto. 

Purtroppo, come rappresentato nel film sugli zombi Warm Bodies, ci sono stadi della malattia reversibili e altri no e che creano rispettivamente gli zombi e gli ossuti. Allo stadio di ossuto, sei talmente trasfigurato che non puoi più tornare indietro e puoi solo fare terra bruciata attorno a te. Ci sono molti esempi di ossuti intorno a noi, nella nostra vita famigliare e nella politica attuale. Nel film era più immediato riconoscere e distinguere gli zombi dagli ossuti. Nella vita reale, invece, è più complesso. Ad alcuni si rizzano i peli del corpo quando sono vicini ad uno zombi e provano nausea e un malessere diffuso se nei paraggi c'è un ossuto. Data la difficoltà a riconoscere zombi e ossuti nella realtà, temo che la pandemia dello zombismo non terminerà mai. Gli ossuti mietono vittime dalla notte dei tempi e continueranno, più o meno sempre. Per impedire che una pandemia distrugga l'umanità, il numero degli ossuti deve diminuire.

Aggiungo una testimonianza positiva e poi chiudo con questo delirio: sono felice. Nonostante provenga da una famiglia di zombi, da un ambiente di zombi e sia stata cresciuta da un ossuto, sono riuscita a trarre qualcosa di buono dalle mie scelte infelici. E a tratti sono orgogliosa di quello che sono riuscita a fare partendo da quella realtà: ho messo una buona distanza fisica tra me e il luogo nuclearizzato e abitato dagli zombi (e soprattutto dagli ossuti) da cui provengo. Abito il rifugio dei miei sogni: quello in cui mi sento a casa, protetta dal mondo esterno. Certo, nei miei sogni non c'erano vicini zombi ma i sogni sono sogni e gli zombi ormai sono dappertutto perché sono la pandemia più resistente e difficile da superare per l'umanità. Bisogna fare attenzione ma conviverci pure un pochino e voler loro bene. Si vede che a volte batte loro il cuore. E poi non sono gli zombi dell'infanzia e non sono ancora ossuti, almeno credo! 

Infine, lavoro con i bambini, la parte bella dell'umanità e la speranza di una umanità migliore! 

Prima di scegliere, inoltre, ho imparato ad ascoltare le reazioni del mio corpo e ad integrarle con i ragionamenti. Il corpo o la mente, presi singolarmente non hanno quasi mai ragione. Bisogna farli dialogare. Un'arte! Che si impara nel tempo, con l'esempio e l'esperienza. 

A tutti gli zombi: lo zombismo è reversibile ma la cura inizia alzando lo sguardo da terra e ascoltando i micro battiti del vostro cuore e poi camminando barcollando verso ciò che lo fa battere più forte!

Agli ex zombi e a chi ha delle ricadute: non credete a chi vi dice che non valete niente! Soprattutto non date retta a quella vocina ossuta del cazzo che talvolta emerge dal profondo come un eco lontano o un chiasso assordante e che vi svaluta e fa vacillare. Avete sconfitto un virus letale e lottate contro le ricadute, siete forti e coraggiosi ed estremamente creativi! E quante più sono le vostre cicatrici, tanto più grande è stata la vostra forza e il vostro coraggio per superare le difficoltà che avete incontrato. Non siete degli sfigati perché a voi è toccata una vita infame, siete degli eroi sopravvissuti a battaglie spaventose, che non si sono arresi nonostante il dolore e la sofferenza e che costruiscono dalle macerie.

Soprattutto e contrariamente a quello che si vuol fare credere e che si ostenta sui social, sappiate che tutti sono entrati in contatto con il virus dello zombismo. E non esistono vite tutte sorrisi e successi. Proprio dietro quel bisogno di sbandierare allegria, splendore, successo, bellezza, ricchezza, si cela un profondo desiderio di riscatto da una condizione profonda in cui ci si è sentiti fragili, perdenti, inadeguati, impotenti, in cui ci si è vergognati.

Far credere che avere successo significhi potersi esibire belli, vincenti e sorridenti e che chi soffre sia uno sfigato, uno che probabilmente si merita di soffrire e che si martella pure i coglioni con seghe mentali, è sintomo di grande disagio. I modelli attuali sono degli esibizionisti dal sorriso scintillante e con la carta di credito fumante.

Una accecante illusione. 




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03 novembre, 2020

LO SPROVVEDUTO RILUTTANTE

Pandemia atto secondo.

Da maggio a ottobre abbiamo vissuto una "tregua" che ognuno ha interpretato secondo il proprio buon senso. Nel cambio di stagione, come succede per i capelli, il buon senso di tutti ha avuto un calo fisiologico e va sostenuto con degli integratori freschi di stagione: i DPCM autunnali. Quelli estivi sono scaduti e non sono più efficaci. Anzi, ad oggi, sono piuttosto dannosi.

Far comprendere a chiunque che i DPCM estivi sono scaduti richiede tempo e pazienza prima che ci si senta in buon numero persuasi a smettere di assumerli. Un popolo parsimonioso come quello italiano, in perenne crisi economico/sociale, non si fa certamente intimorire da una data di scadenza.

Insomma, nonostante i media attuino il consueto lavaggio del cervello, c'è chi non ascolta altre campane finché non ha terminato, secondo il proprio buon senso, i DPCM estivi, che comunque già prendeva un po' a modo suo e servivano per modo di dire. 

Tutti gli altri, chi più, chi meno, faticosamente e soffrendo, si adeguano alla nuova stagione, peraltro abbastanza simile all'inverno/primavera precedenti, diciamo niente di poi così nuovo per lo meno. 

In autunno, trovarsi di fronte a quello che, dato l'atteggiamento avulso dalla realtà, potremmo chiamare Lo Sprovveduto Riluttante, può essere una esperienza forte, persino al limite della sopportazione e tanto più terribile quanto più vedi violato il tuo e l'altrui diritto a proteggersi. 

Infatti, di fronte agli eccessi dello Sprovveduto, non si può fare a meno di sentirsi esposti a minacce, fino a sentirsi completamente invasi quando oltrepassa violentemente il confine del buon senso di chiunque presente, abbattendo con una raffica di colpi di tosse incontrollati ogni anche minima possibilità di proteggersi. Perché, comprensibilmente, al tempo della pandemia (ma, per me, in qualunque altro tempo), che uno sprovveduto qualsiasi ti tossisca in faccia e nel piatto, argomentando tanto non è coronavirus (pure mago!), è inaccettabile. 

E verrebbe da incazzarsi. 

Eppure mantengono tutti il controllo e semplicemente invito educatamente Lo Sprovveduto Riluttante ad indossare la mascherina e a ritrovare un atteggiamento più rispettoso verso il prossimo. Oltretutto che i nostri ospiti rientrano nella fascia a rischio e hanno acconsentito ad ospitarci purché mantenessimo le precauzioni del caso.

Ma non si può fare a meno di preoccuparsi. L'immagine de Lo Sprovveduto Riluttante che si presenta senza mascherina e con evidenti sintomi influenzali (raffreddore forte, tosse, malessere diffuso), e tossisce, senza proteggersi, in faccia a persone e sul cibo in tavola è disarmante e allarmante. Lavarsi le mani per uno così certamente deve essere considerato inutile e infatti se ne guarda bene dal farlo.

A me personalmente è capitato in tempi non di pandemia di informare i miei ospiti e chiedere loro se non fosse il caso di rimandare il nostro incontro a causa di un mio raffreddore forte. In tempo di pandemia, Lo Sprovveduto Riluttante ha imposto la sua condizione, presentandosi senza essersi confrontato prima sul suo stato di salute con le persone con cui avrebbe fatto il viaggio in macchina, avrebbe mangiato e condiviso gli spazi della casa; una volta assieme, poi, non ha alcun riguardo, deve essere invitato più volte ad indossare la mascherina e persino a non tossire sguaiatamente. Non solo: argomenta ottuso che è solo un normale raffreddore. Come se un "normale" raffreddore possa essere cosa gradita. Come se in questo momento avere i sintomi di un normale raffreddore non fosse ragione sufficiente a determinare quarantene e tamponi e preoccupazioni angoscianti. 

Ma la questione è tanto più grave tanto più è profonda e solida l'inconsapevolezza de Lo Sprovveduto Riluttante. Inconsapevolezza della gravità in cui versa il proprio buon senso. 

Perché, al tempo della pandemia (ma anche in un qualunque altro tempo), uno che entra nella casa in cui ti trovi, spavaldo e strafottente, marcio di raffreddore e ti saluta tossendo in faccia a tutti e sul cibo pronto in tavola, senza neppure tentare di coprirsi e che ha pure da ridire di fronte al tuo gentile invito ad avere un comportamento più rispettoso, deve essere buonsensodepresso e molto maleducato. Anzi, deve essere forse cerebroleso. Perché neppure un adolescente, ancora privo del pieno possesso della corteccia prefrontale, si comporterebbe in modo tanto cafone. 

Ma Lo Sprovveduto Riluttante lo fa perché evidentemente non sa cosa sta facendo e non lo può neppure capire: quando provi a spiegargli, infatti, minimizza, si indispone, argomenta chiassosamente, insomma, vuole avere ragione!!! E questo fa preoccupare.

Così, il giorno dopo, quando di nuovo incontri Lo Sprovveduto Riluttante visibilmente peggiorato e ancora senza mascherina negli spazi in cui dovrai fare colazione e stare, capisci che le condizioni del suo buon senso sono gravissime e, forse, irreversibili. 

A questo punto perdi la pazienza.

Dopo aver sfogato urlando il senso di impotenza e di violazione subito, te ne vai, sperando di non esserti preso niente. E comprendi, come mai prima, il perché Conte debba fare i DPCM restrittivi, i lockdown parziali e debba colorare l'Italia dal giallo al rosso, escludendo il verde dalla cartina.

Caro Sprovveduto Riluttante, per poter stare in una comunità bisogna aver superato con successo la fase egocentrica e oppositiva, essere capaci di autoregolarsi e di comprendere le regole sociali della comunità con cui ti trovi a convivere. Se all'alba dei trent'anni ancora manifesti i tuoi punti di vista e agisci senza tenere l'Altro in nessuna considerazione, significa che qualcosa durante lo sviluppo psicoaffettivo è andato storto e bisogna integrare urgentemente. Essere accettati incondizionatamente, tosse in faccia compresa, lo si chiede e ottiene dalla mamma e dal papà da bambini, poi c'è il passaggio al gruppo in adolescenza e infine arriva il giudizio con l'età adulta. Da adulto, comportarsi come un bambino oppositivo o un adolescente chiassoso, provocatorio ed eccessivo, può far ridere (qualche volta), imbarazzare (il più delle volte) e infastidire (spessissimo) chi ti sta intorno. Ignorare le emozioni dell'Altro e perseverare in questi atteggiamenti guasta necessariamente le relazioni. 

Beffeggiare le norme anti covid mentre gli ospedali si riempiono, le attività si fermano e le persone cercano un compromesso vivibile tra proteggere e non lasciare soli i propri anziani è semplicemente inaccettabile.

Crescere è dura per tutti ma necessario. 

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