17 luglio, 2021

HORROR E DINTORNI

Durante il secondo lockdown ho visto tutta la serie "iZombi". Nei vari episodi, molteplici sono state le citazioni da altri film sugli zombi, da quelli di Romero a Warm bodies, passando per i supereroi e le fantasie apocalittiche (che ogni giorno che passa sembrano sempre più verosimili).

In iZombi la definizione "modalità zombi completa" riguarda la modalità zombi-travolto-dalla-rabbia, in contrapposizione con la modalità zombi in cui hai semplicemente contratto il virus dello zombismo ma tutto sommato sei quello di sempre finché ti nutri regolarmente di cervello umano e ti accontenti di quello di morti accidentali.

Nella modalità zombi completa, ti trasformi in un killer assatanato di cervello e di vendetta, dalla forza eccezionale che, solo attraverso un autocontrollo altrettanto smisurato, puoi mettere al servizio della collettività, puoi usare per difenderti in casi estremi oppure per fare deliberatamente del male agli altri.

Emerge la questione del libero arbitrio; di come aiutare e, nel frattempo, convivere coi malati; del bene comune; di come i "sani" possano trasformarsi in sadici persecutori; di come gestire una pandemia sia un gran casino, che qualsiasi decisione si prenda presenta sempre vantaggi e svantaggi; di quanto il malato possa insegnare al sano; di quanto sia difficile la gestione del conflitto; di come fare la cosa "giusta" comporti un giusto sempre relativo; di come la malattia possa far riflettere e maturare così come le difficoltà in generale ci consentono di strutturarci; di come la condizione "normale" sia una semplificazione schematica, rigida e incompleta della realtà; di come la normalità sia composta di bene e male insieme, di giusto e sbagliato, di parti diverse in equilibrio e di come non possa che evolversi in continuazione; di come ognuno, a questo proposito, faccia fatica a mettersi in discussione; di come le emozioni, i sentimenti e le nostre capacità di gestirli, condizionino le nostre vite, ecc. ecc.

La "modalità zombi completa" non è necessariamente qualcosa di negativo, anzi. Mette in evidenza un disagio, mai isolato, e, occuparsene, permette di trovare soluzioni utili ai problemi di tutti, perché a tutti può succedere di trovarsi in quella condizione, perché tutti siamo giusti e sbagliati a seconda della situazione, perché tutti siamo imperfetti e, soprattutto, abbiamo una conoscenza incompleta. 

Solo chi vuole lucrare sulla vita degli altri racconta di essere portatore e difensore di una "normalità" assoluta, dell'unica condizione legittima possibile, e di corrispondere esattamente all'immagine idealizzata di realtà che a molti capita di agognare. Quella dove si fa carriera attaverso il compiacimento. Ci si compiace vicendevolmente e con vigore di essere puri. Si stabilisce arbitrariamente e in modo del tutto infondato che se hai certi requisiti fisici e fisiologici allora vali di più. E' un trucchetto vecchio quanto il mondo e che, per questa ragione, funziona sempre, a vincere elezioni, a ottenere i consensi dei frustrati a fare le peggio cose e ad arricchire i disonesti.

Credere a quel genere di persone che promettono "normalità" e una realtà prevedibile e immutabile, è facile, comodo e rassicurante. Ma è una trappola. Essi lucrano sulla fragilità e sulle debolezze dei loro simili.

Continuamente, come esseri umani, corriamo il rischio di provocare o di incorrere in prevaricazioni, aggressioni, guerre, dittature più o meno camuffate, magari indirette e per questo più facili da conciliare con ciò che rimane della coscienza.

Costruire qualcosa di buono insieme agli altri e mantenerlo è molto faticoso. Traditi sulla fiducia dai nostri stessi genitori, ci sentiamo arrabbiati e bisognosi di giustizia. Fare del male agli altri forse può far sentire meno vittime e meno bisognosi di essere accettati e rispettati, perché abbiamo l'illusione di farci noi le nostre regole, di obbligare gli altri a compensare le nostre mancanze. Trovare incazzati come noi con i quali unirci e sentirci vicini, poi, genera un'illusione di appartenenza sicura. Ma le persone che basano la propria vita sulla prevaricazione sono affidabili compari finché torniamo loro utili. E' certo che prima o poi ci butteranno via, ci elimineranno, ma solo dopo averci usato.

Forse sapere che più o meno tutti, in un modo o nell'altro, siamo stati traditi molto precocemente e siamo feriti da qualche parte, rompe l'illusione che ci siano privilegiati esenti da sofferenza, delusione, deprivazione affettiva, miseria umana. Non è molto, ma forse è quanto basta per smettere di passare la vita a distruggere e iniziare a costruire. 

Insieme, ognuno sulle sue gambe. Altrimenti diventa un cazzo di film horror.

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Nessun commento: