03 settembre, 2020

LA CADUTA DEGLI DEI

Presto o tardi arriva la liberazione. Arriva il momento in cui coloro che avevi innalzato allo stato di Dei precipitano dal pulpito e tornano ad essere persone normali, fatte di pregi e difetti comuni e per questo irrilevanti. Una liberazione per sé e per gli altri: non a tutti piace stare su un piedistallo e idealizzare troppo gli altri fa male ai rapporti.

'La caduta degli Dei' segna dunque l'evoluzione di un rapporto importante, da una condizione di  dipendenza e verticalità, a quella della maturità e orizzontalità-parità.

Il rapporto passa così dall'essere caricato e investito massicciamente di proiezioni e aspettative, di un valore speciale, unico -del genere allievo/insegnante-, utile per crescere e per passare di livello di consapevolezza, ad una condizione di parità.

La vera sfida, dopo la caduta, è continuare a rimanere amici, accettando la vulnerabilità dell'altro, le sue debolezze, le sue manie, le sue fragilità, le sue assurdità, insomma, la sua normalità.

Perché la normalità è come un quadro di un impressionista: si apprezza solo dalla giusta distanza.

Avvicinandosi troppo si rischia di perdere la visione di insieme, di frammentarne il senso, la personalità, di perdersi nei dettagli, in questioni che non ci dovrebbero riguardare dal punto di vista relazionale.

Osservando le singole pennellate di un dipinto, i singoli tratti di una personalità, in un certo senso, si accede alla sua intimità. Ma non tutte le relazioni riguardano l'intimità. Il rischio dunque è quello di finire con il giudicare l'intera opera/persona da un singolo dettaglio secondario e del tutto inutile per quel tipo di relazione

La convivenza su questa Terra sarebbe ben più semplice se non ci occupassimo di cose che non ci riguardano e focalizzassimo la nostra attenzione sulle cose davvero importanti. Invece no, è tutto un sovrapporre piani, ricevere e cercare informazioni sbagliate, inutili e dannose. 

La normalità poi è decretata dall'occhio che guarda, che è capace o meno di visione d'insieme, di consapevolezza. Ecco così l'origine di tutti i problemi. Nella incapacità di vedere le cose dalla giusta distanza, nell'impossibilità di cogliere il senso, nello scomporre arbitrariamente l'Altro in parti. 

E’ determinata dal contesto in cui è inscritta, dipende dall'ambiente in cui si vive e dalle persone di cui ci si circonda. 

E’ dunque saggio circondarsi di persone simili nelle pennellate e nei tratti, per garantirsi la sicurezza, rimanendo però in osservazione, contatto, dialogo e rapporto di scambio con la diversità, per garantirsi la crescita e la maturazione. In una sana alternanza e misura, tra simile e diverso, adeguate a seconda della propria condizione generale.

Ognuno di noi è fatto di così tante pennellate che, per forza, qualcuna sarà venuta strana per qualcuno. Le stesse singole pennellate di cui siamo fatti possono piacere ad uno e dispiacere ad un altro. Non si può piacere a tutti, né piacere sempre alle stesse persone. In generale apprezziamo gli aspetti che comprendiamo e amiamo di più di una persona e dovremmo poi però rispettarne l'intimità, i segreti, le stranezze di cui è certamente portatore, prendendo le giuste distanze da ciò che non si condivide senza allontanare troppo tutto il resto. Questo se l’Altro non ci fa del male. Se, al contrario, l’Altro è un perverso manipolatore, una persona nell’insieme malvagia, prenderne le distanze è l'unica cosa da fare. Ci sono persone molto intelligenti, che sanno usare ad arte i loro pregi, certe qualità socialmente popolari, per poi usare gli altri a proprio piacimento, screditarli, far loro semplicemente del male come prova del proprio potere. In una società dell’apparenza, saper apparire porta successo, credibilità, potere sugli altri. Viviamo infatti in una società fondata sulla falsità, sull’inganno, sulla superstizione, in modo diverso e uguale da come è sempre stato. Le forme di sfruttamento mutano nell'aspetto e nel nome magari, ma la sostanza rimane la stessa.

Si può essere eccellenti in ambito professionale e dei mostri in quello privato. Talvolta i due comportamenti sono le due facce della stessa eccellenza.

L'Altro, in conclusione, è sempre, contemporaneamente, ricchezza e minaccia. Convivere non è cosa semplice, mai. Tanto meno prendersi cura di sé in mezzo agli altri. Una comunità muore, si estingue rapidamente se eccede in apertura, a causa della mancanza di identità; ma muore, soffoca, magari dopo lunga agonia, pure se non lascia entrare la diversità. Il singolo muore se rimane solo e disarmato, privo cioè di strumenti efficaci per l’autoconservazione, ma muore soffocato se non può essere sé stesso e autoaffermarsi all’interno della comunità in cui vive.

L’equilibrio individuo/comunità e individuo/individuo è sempre delicato, precario e complesso.

Idealizzare per un certo periodo gli altri può aiutarci a strutturarci e a crescere se poi ristabiliamo gli equilibri mantenendo una visione di insieme equilibrata, imparando a fidarci di noi stessi e a difenderci. Un processo faticoso e costellato di fallimenti, successi, dolori, gioie.

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