04 ottobre, 2018

CORAGGIO!

Da piccola ricordo di aver desiderato disperatamente per qualche tempo la bacchetta magica per poter fare tutte le magie che mi pareva. Un breve delirio stimolato dai cartoni animati e forse dall'inconscio che chiedeva i rinforzi. 

Fatto i conti col principio di realtà, me ne sono fatta una ragione di non poterla avere ed ho poi capito in seguito di essere stata comunque molto magica nella mia infanzia: sapevo vedere la bellezza intorno a me, avevo una fantasia, una vitalità e una gioia traboccanti e con esse ricoprivo ogni cosa. 

[La realtà 'nuda e cruda' come alcuni pensano di vederla, non so neppure se esista davvero o se sia pure quella una magia, ma di altra natura. Non a caso, ognuno vede le cose a modo proprio e le stesse 'tragedie' determinano vissuti e conseguenze molto diversi tra loro]. 

Purtroppo nella mia famiglia c'è stata una grande richiesta della mia magia che deve essere stata vista come una piccola miniera di tesori (gioia, vitalità, bellezza, nuovo inizio, nuova vita, crescita, appunto!) e che hanno sfruttato però senza criterio, esaurendola in fretta. 

Un dono inaspettato. Una riserva di vita inaspettata: accolta con sorpresa in mezzo ai sopravvissuti, sono stata depredata, svuotata e accantonata. Qualcuno mi ha pure rinfacciato di non risplendere più molto, di essere diventata opaca, dopo tutto l'investimento affettivo che avevo ricevuto. Che ingrata!

A lungo ho arginato il panico furibondo di mia madre, placandola; e non sono raggelata di fronte alla fredda razionalità di mio nonno, addolcendola. Ma ogni dinamica, ogni problema familiare ha continuato a riproporsi, sempre, fino alla fine, senza soluzione. Ho così interiorizzato di non essere abbastanza. Per molto tempo ho mantenuto un magico equilibrio per me stessa e per gli altri intorno ricevendo indietro solo disprezzo. 

Fatto sta che riconosco di essere stata magica, un tempo, perché ad oggi le magie non mi riescono più tanto bene e le sbaglio spesso. Vedo 'male' dove non ce n'è neppure molto e 'bene' ormai raramente. Come avessi consumato precocemente un potere senza riuscire a rinnovarlo opportunamente. 

Sono stata costretta così a lungo a sopportare 'per amore' cose che mi facevano male che ad un certo punto ho smesso di lottare, sono fuggita e mi sono nascosta. 

Adesso vivo come una rifugiata. Come mia nonna che, dopo essere sopravvissuta alla guerra, alla fame, alla morte e alla disperazione, ha vissuto il resto della vita in una calma placida e apparente, rinunciando a sé stessa pur di non iniziare, 'disarmata', nuove battaglie. In un certo senso ha continuato a lottare, come poteva, certo: ora per i diritti dei lavoratori, ora per quelli delle donne magari, ma non per sé stessa, visto che aveva creduto di non valerne la pena, rifiutando lavori di maggiore responsabilità e prestigio e lavorando sia fuori che a casa come da una donna ancora ci si aspettava. 

Certe battaglie si fa prima a combatterle per gli altri che per sé stessi, soprattutto quando ci hanno fatto credere di essere delle schifose, maledette e tremende quando invece siamo preziose, intelligenti e molto coraggiose.

Si arriva ad un punto che il desiderio di tregua supera qualunque altra ambizione e, una volta ottenuta, percependo lo svuotamento interiore, si rischia di non sapere più come e da cosa ripartire.

Il coraggio nella mia famiglia si è spesso consumato troppo in fretta e il resto della vita si è finito poi per passarla alla finestra...

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