05 giugno, 2020

KILL BILL


Certe relazioni meriterebbero un finale, simbolico ovviamente, come questo! Rapporti malati che originano da un disequilibrio, uno sbilanciamento dei poteri; rapporti verticali, dunque, dove i ruoli sono rigidi e ben definiti: manipolatore/padrone/oppressore/carnefice/sadico e manipolato/schiavo/oppresso/vittima/masochista. Entrambe personalità dipendenti, pilotate da bisogni primari insoddisfatti e inconsci.

Kill Bill rappresenta per me un percorso simbolico di liberazione dalla condizione di dipendenza di uno dei due protagonisti (Beatrix Kiddo), mentre l'altro (Bill appunto) cerca di mantenere la posizione di dominio, prima utilizzando la manipolazione, il ricatto morale, poi, attraverso la violenza.

Tutto il film simboleggia una condizione esistenziale tipica dell'uomo: una relazione  fondata sulle debolezze, messa in crisi da un evento significativo al punto da generare una sana evoluzione in uno dei due partner e una feroce rabbia proiettiva nell'altro. Kill Bill racconta anche della difficoltà e della fatica necessarie ad una reale e profonda "liberazione" da legami perversi.

Chiunque abbia vissuto un percorso di crescita, per quanto inserito in una realtà meno traumatica, può riconoscersi nella protagonista.

Il processo di liberazione può essere anche molto doloroso sul momento ma genera un cambiamento positivo irreversibile.

E' dunque auspicabile riconoscere e affrontare il proprio "Bill" interiorizzato, qualunque aspetto abbia. "Ucciderlo" simbolicamente, con la consapevolezza del proprio valore e della propria forza emotiva, con l'uscita dalla dipendenza. 

A questo scopo esiste il desiderio di cambiare, innanzitutto, il muoversi alla ricerca, e la psicoterapia, poi, per orientarci e strutturarci, imparando così a camminare nella giusta direzione. Per sistemare i "Bill" reali che ci perseguitano, invece, esistono prima di tutto la fuga appena possibile, l'attivazione di adeguate strategie di autoconservazione e la ricerca di aiuto. Uccidere, nella realtà, persino quando siamo perseguitati, tormentati, gravemente torturati e minacciati, creerebbe successivi ulteriori problemi di coscienza, etica e morale oltre che di libertà personale. Le molestie morali sono difficilmente dimostrabili. E questo i persecutori lo sanno bene. Dobbiamo quindi fare i conti con il principio di Realtà, il nostro Super-Io e le regole della nostra società, anche quando sono poco efficaci o addirittura insufficienti. La vita va protetta, difesa e continuamente garantita da noi stessi, innanzitutto attraverso la consapevolezza, il più efficace garante del rispetto dei propri diritti. 

A questo ho pensato vedendo Kill Bill… E di tutti i "Bill" incontrati nella mia vita, dedico questo pensiero e questo film a M.P.: hai detto bene quando, realizzato che avevi perso il tuo giochino, ti sei definito un mostro. Una consapevolezza durata un nano secondo, immagino, ma ormai non più un mio problema. Quanto ti somiglia, fisicamente, David Carradine e, psicologicamente, il personaggio che interpreta in Kill Bill! Stessa spietatezza, fino all'ultimo! Hai persino tentato la mia distruzione finale ma io, come Beatrix, durante il mio addestramento, evidentemente avevo imparato la tecnica di esplosione del cuore con cinque colpi delle dita e l'ho usata, mio malgrado, per difendermi. Perché per me sei morto. Il nostro duello finale assomiglia molto al loro anche se giocato tutto con le parole, parole affilate come lame.
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