04 dicembre, 2017

ALLA FACCIA DEL CAMBIAMENTO

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[ATTENZIONE! Di seguito racconterò il finale di due film e del libro da cui uno di essi è stato tratto: Piccole crepe e grossi guai e Il riccio/L'eleganza del riccio. Se non volete scoprirli, non leggete questo post!].
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Stasera ho visto 'Piccole crepe e grossi guai'...film francese...

A me piacciono molto le commedie francesi...Quasi amici, Dio esiste e vive a Bruxelles, La famiglia Belier, Cena tra amici, In solitario...così speravo di vedermi un film carino anche questa volta.

Ma questo parte incerto, sembra decollare verso un cielo nuvoloso ma tranquillo e infine si schianta inesorabilmente o io mi distraggo, non so...

Parla di un tizio depresso che finisce a fare il portinaio. In quel lavoro egli riesce ad esprimere le proprie qualità umane e le mette a disposizione di quella piccola comunità che è il condominio dove vive e lavora. Fin qui, tutto ok...ma poi muore di overdose. Ve lo dico perché così vi risparmiate la delusione. 

E dire che avevo già visto un altro film francese, Il riccio, (e letto il libro L'eleganza del riccio) che parla di una portinaia, una tipa schiva e riservata che vive nel suo mondo limitato alle mura del condominio ma sconfinato grazie alle sue letture e che alla fine si apre alla vita vera e...muore.

Con la paura che ha chi, come me, vorrebbe cambiare ma ha un sacco di timori, così lo stroncate definitivamente.

Ma cos'hanno i francesi contro i portinai? Pensano per caso che fare il portinaio sia l'anticamera della morte? Che porti sfiga? Che sia una forma di suicidio assistito?

Non so...E che cavolo, quando finalmente si riesce a riscoprire la vita in ogni piccola cosa, fatta di emozioni, di amicizie, di umanità, di condivisione, di incontri, di fiducia, di cambiamenti...il protagonista muore. Solo che ne Il riccio, sembra voglia significare che ciò che importa è proprio il cambiamento, l'aver vissuto davvero, fino in fondo anche se per un nano secondo...mentre in Piccole crepe e grossi guai...il portinaio muore...perché non c'era più niente da fare per lui. Alla faccia dell'ottimismo! E poi a me non sembrava messo così male...sarebbe bastata, che so, un po' di Psicomotricità Relazionale!

Sembra che per i francesi il portinaio sia colui che per antonomasia sfugge alla vita. E che non cambia per paura di soffrire di una qualche sofferenza nuova, che non conosce e che quindi potrebbe disintegrarlo. Ma allora sei uno stronzo se lo fai morire davvero! Questo ha paura di non riuscire a contenere l'emozione di un cambiamento, di disintegrarsi per questo e di morire...e lo fai morire! Che rappresentazione letterale e terrifica. E se uno poi si immedesima?

A pensarci bene ho letto altri libri e visto altri film con protagonisti questi portinai-zombie...evidentemente il portinaio è un personaggio che si presta bene nella fantasia comune a rappresentare i propri fantasmi di morte...e distrae facilmente dai derelitti travestiti da persone degne di stima e nota, come sé stessi e gli altri condomini, certo...buhahahahah!!!  

Il problema della dignità negata per mezzo di una paga da fame e di sconfinamenti ammessi nella 'non-vita' (secondo gli altri) di queste persone è un problema diffuso anche ad altre categorie di lavoratori, come la baby-sitter! Ma non divaghiamo. Dunque, il portinaio nell'uso comune rappresenta uno schiavo, un servo, uno che è a tua disposizione, un accessorio della propria esistenza di certo migliore della sua, uno che si merita di non avere niente perché non ha il coraggio di vivere e questo legittima ad approfittarsi di lui; e appena ci prova, a vivere, tanto lo fanno morire. Uno che non vale niente ma di cui, guarda caso, si ha bisogno. Una contraddizione. In fondo, quello che conta è il cambiamento...che in questi libri e film si può riassumere o nell'apertura verso il resto del mondo, nel salire le scale dal piano terra agli appartamenti superiori per poi morire un attimo dopo o nel disperato trapasso. Alla faccia del cambiamento.

Quello della portinaia de Il riccio, poi, era solo il principio del cambiamento: attuarlo, smettendo di ricadere nel proprio copione consolidato da una vita, è la vera sfida! E ci vuole tempo per dichiarare il cambiamento stabile e definitivo. Non si può mica farla morire subito così. Magari ci avrebbe pensato da sola a privarsi nuovamente della vita, con ripensamenti e fughe alla realtà di prima, crisi, senso di inadeguatezza, ecc, ecc. 

E cosa dire del cambiamento che avviene nelle persone attorno ai coraggiosi che cambiano? Il cambiamento, se è vero e profondo, è contagioso e migliora la vita di tutti. Compresa quella dei malevoli, giudicanti, arroccati ai piani alti.

A proposito di arroccati ai piani alti...quei bisognosi di portinai, di tate e domestici vari: vorrei ricordare che un collaboratore sfruttato è uno schiavo; se lo chiamiamo con il suo nome vero forse risulta più chiaro. Sfruttare gli altri per spendere i vostri soldini in qualcosa di 'meglio' e sconfinare con richieste inopportune sono la prova tangibile della vostra piccolezza. Fare come fan tutti non dovrebbe farvi sentire bene in questo genere di casi, né l'impossibilità dell'altro di difendersi dovrebbe legittimarvi in nessun modo ad approfittarvi di lui, ed essere adeguati ad un sistema triste e infame non dovrebbe accrescere l'autostima! Potete nascondervi quanto volete dietro alle vostre contraddizioni, al vostro status-mascherone...ma pensare di avercela fatta, di trovarvi nella metà migliore della realtà è solo una illusione, apparenza, perché è evidente a tutti ciò che veramente siete: degli sfruttatori! Continuerete poi a circondarvi di brutta gente come voi e ad avere un karma di merda se voi per primi non cambiate e non sostenete il cambiamento degli altri invece di contribuire ad 'ucciderli'! E i vostri figli sono i primi ad accorgersene e a protestare, con il loro disagio per la vostra aridità ed incapacità emotiva che ovviamente non si esplica solo nello sfruttamento della schiavitù locale, ma anche e soprattutto nelle relazioni che vorrebbero onestà e disponibilità sincera: quella con i vostri figli appunto. 

Poi potete fare 'morire' gli altri, certo. Scendere le scale del vostro palazzo, passare davanti alla portineria e pensare: 'io non sono un miserabile come lui'. E ripetere all'infinito quello stupido jingle che è la vostra esistenza. 

Cazzo che malumore mi ha messo quel film! Sarà che sono reduce da una faticosa, umiliante contrattazione per qualche giorno di uno di questi lavori da schiavo che ho citato e che io amo particolarmente ma non per sfuggire dalla realtà, quanto per conoscerla veramente. Eppure sono chiara fin dall'inizio circa le premesse necessarie per poter avviare una collaborazione con me. Nonostante questo mi tocca comunque di subire questo supplizio, ogni volta e più volte con le stesse persone.  

L'unica cosa azzeccata del film è il titolo: Piccole crepe e grossi guai...
Forse con quel titolo intendevano simbolicamente le piccole crepe nel proprio sviluppo psico-affettivo e i grossi guai di una esistenza basata su un falso sé e un adattamento precoce alle prevaricazioni.

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