04 aprile, 2018

CONVERSAZIONI PROFESSIONALI?

Per comprendere un messaggio nella sua globalità dobbiamo sempre tenere conto che esso si compone di più messaggi insieme: quelli verbali, diretti, espliciti e quelli non verbali, indiretti, impliciti. Questi ultimi hanno sempre un peso maggiore nell'economia della comunicazione. 

Vediamo un esempio tratto da una conversazione realmente accaduta.

MEDICO ORTOPEDICO (controllato, sintetico, freddo, diretto senza filtro, impassibile, interventista):     
                                    
- Quanto tempo è passato dall'incidente? Due mesi? [Non verbale, sottinteso nell'espressione facciale e nel tono=Così tanto?!];

- Quando hai tolto i punti? Un mese fa? [=Veramente? Non ci siamo!];

- Da quando hai cominciato a muoverlo? Ah, non si muove...? [=Allora non c'è niente da fare];

Conclusioni [ricevute prima indirettamente nel sottinteso e, adesso, nel non verbale: postura rigida, sguardo serio=la speranza, che è l'ultima a morire...è già morta! Infatti...]se non ha riacquistato mobilità finora, difficile lo possa più fare ormai; certo, puoi provare a fare esercizi, male non fa, ma 90% va operato di nuovo, bisognerà riaprire e rompere. 

Tanto vale forzare la mano: fai esercizi, non lo proteggere e se dovessi romperlo accidentalmente, tanto meglio, così vai direttamente a Modena dove sono specializzati in chirurgia e riabilitazione della mano.


PAZIENTE PSICOMOTRICISTA RELAZIONALE (espressiva, emotiva, diretta con filtro, coinvolta, mediatrice...il più delle volte!):

Si mette a ridere. 

Il medico non ne comprende le ragioni e fa capire che l'incontro è terminato: si alza, porge la mano, stringe inespressivo.

Lei va via sorridente ma depressa e preoccupata: operare, di nuovo, il lavoro, lo sbattimento, le difficoltà economiche di un precario senza malattia...e ride...poi piagnucola...alla fine si arrabbia...prima con sé stessa e la sua sbadataggine e poi con lui e la sua spinosa imperturbabilità; infine, per sdrammatizzare un po' la questione, pensa, a parti invertite, come sarebbe se lei comunicasse a quel modo le cose alle persone con cui lavora: genitori e bambini a proposito dei loro disagi.

Così si immagina di vedere arrivare l'ortopedico con il suo bambino di 5 anni al corso di psicomotricità. All'inizio del percorso hanno un colloquio, stavolta è lei che fa le domande:

- Quanti anni ha il bambino? 5? [Non verbale, implicito nell'espressione facciale e nel tono = Di già? Allora è peggio di quel che credessi...];

- Ha già fatto psicomotricità prima di oggi? [E' evidente che no ma te lo chiedo lo stesso e penso pure che cosa aspettassi per deciderti];

- Fa sempre così, davvero? Anche a casa e a scuola? [Accipicchia, non ci siamo proprio!].

Conclusioni: se sta messo così a questa età, difficile ormai correggerlo [parola che usa di proposito in questa fantasiosa ipotesi vendicativa ma che non userebbe mai nella realtà]; noi ci proviamo, certamente, ma 90% ti diventa tossicodipendente entro i 16 anni.

Possiamo forzare la mano: gli diamo uno spinello, una sigaretta e vediamo se ci prende gusto e nel caso lo mandiamo direttamente a San Patrignano che sono esperti e te lo sistemano come si deve.


AAAAh, se solo si potessero impiantare o espiantare chirurgicamente l'empatia e l'emotività!!!

Però si potrebbero sempre riciclare i comportamentisti più estremisti: invece di tormentare i bambini autistici, potrebbero sfogarsi con certi medici adulti! Un bel percorso insieme su come riconoscere le emozioni e i sentimenti degli altri con esercizi maniacali su come rispondere adeguatamente...almeno se la vedrebbero tra pari...

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