07 settembre, 2018

L'ARTE DI FARE LA NANNA

A pochi mesi lo prendevo in braccio e dopo le coccole e una canzoncina, tenendo il ritmo giusto, in pochi minuti, si addormentava. 

Crescendo in consapevolezza, prese giustamente a dire la sua per ogni cosa; si opponeva come per dire 'io comincio a riconoscere che sono diverso da te e mi devi lasciare andare'.

Mi emozionava vederlo tutto convinto opporre resistenza e impuntarsi anche di fronte a qualcosa che avrebbe voluto fare solo perché lo avevo proposto io, pur di ricordarmi che stava cercando la sua indipendenza. Però poi trovava la mia giusta resistenza e si lasciava andare. 

Avevamo il nostro rituale prima di dormire: dentini, pigiamino, tapparella, tre librini e giù a nanna. Le prime volte l'eccitazione di resistere era troppo forte e cominciava un balletto sul letto. Allora lo prendevo giù con me e gli parlavo piano, dolcemente ma con convinzione perché era stanco ed era il momento di riposare: lui si opponeva per testare se ero sicura e a poco a poco si rilassava. 

Lo osservavo: rassicurato della tenuta, si abbandonava piano. Non era facile scaricare le energie accumulate e necessarie per esplorare e conoscere il mondo ogni giorno e che lo avevano stancato tanto: rimanendo con gli occhi aperti e tenendo un giochino tra le mani, ogni tanto si rigirava per lasciare andare le ultime tensioni muscolari; infine, quando si sentiva tranquillo, iniziava a fissare il disegno sul muro di fronte come fosse il cartone animato della sua giornata, gli occhietti lentamente assecondavano il suo battito sempre più lento e in quella calma ritrovata ci addormentavamo.

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