Quando arrivo da lei, dopo anni di distanza e di silenzio, ha la bocca spalancata per cercare di respirare, gli occhi aperti, velati e non può più muoversi.
Le sue compagne di camera mi dicono che prima che arrivassi io respirava appena mentre adesso ha un respiro forte e vigoroso. Quindi è qui, mi ha aspettata. Qualcuno -scopro poi- le ha detto che stavo arrivando.
Oh mamma.
Le parlo piano e la accarezzo, come quando ero bambina e mi chiedeva di farle i grattini. Dal respiro e un lieve movimento della bocca, intuisco che mi sente e che le piace. Le dico che le voglio bene. Ti voglio bene mamma. Hai fatto tutto quello che potevi, lo so. Si emoziona anche se è immobile. Si sente dal respiro. Mi parla col respiro.
Vorrei condividere fino in fondo questa intimità ma le mie ferite mi fanno dubitare, mi confondo e penso che sapresti criticare anche in questa situazione. Siamo poi in una stanza con altre persone e i neon accesi. Mi distraggo, perdo il contatto. Ma resto con te, così, come posso.
Poi, il suo respiro si calma, rallenta e si pacifica. La pace, stavolta senza compromessi.
Rovino questo momento avvisando gli infermieri. Ci vuole molto perché il cuore si fermi del tutto. Ma io non lo sapevo. Spero che non fossi più lì quando ti hanno controllato.
Scusami per non averti creduta, per non essermi fidata. Non ce l'ho fatta neanche questa volta. Non ce l'ho fatta più da 12 anni a questa parte.
Mi dispiace mamma per tutto quello che hai sofferto nella vita. Io ho sofferto con te, ho sentito tutto sulla mia pelle. Spero di aver alleviato un po' del tuo dolore con la mia vita. Con il mio amore di bambina certamente ti ho nutrita. Da adulta mi sono allontanata, altrimenti sarei morta. Hai impresso sulla mia pelle e nel mio stomaco quello che ti hanno fatto. Porto sul mio corpo i segni del male che ti hanno fatto e che tu hai fatto a me. Sono diventata il tuo testimone, in un certo senso. Ma non so quanto ti sia servito. Di certo non ti ho salvato. E per questo sto malissimo.
Mentre soffrivo a causa tua, scoprivo la tua sofferenza, la tua paura, la tua solitudine. Sentivo ma non potevo fare nulla. Assistere impotente alla tua agonia ha generato in me sensi di colpa.
Non riesco ancora a perdonarmi. Talvolta annaspo in un mare di sensi di colpa.
Nei giorni seguenti ho pianto così tanto che pensavo di disintegrarmi. Ci sono persone che sono venute a rimproverarmi, a biasimarmi. Eppure solo noi sappiamo cosa abbiamo passato io e te. Nessun altro.
La verità non andrà perduta. Ci sono io a ricordarla. E oltre a me altri testimoni competenti. Non siamo più sole in quella prigione di solitudine. Adesso nessuno mi può più ingannare o confondere. Ho fatto ordine.
Desidero andare avanti con la mia vita. E, se proprio non posso evitarli, almeno vorrei riuscire a nuotare con stile nel mio mare di sensi di colpa.
Ti voglio bene mamma.
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