12 dicembre, 2020

STRATEGIE DI AUTOCONSERVAZIONE: RADICAMENTO

In questa seconda fase della pandemia, quando hanno bloccato il mio lavoro sono rimasta a casa e non sono uscita per un mese e mezzo. Mi è parso un lusso questa volta poter stare in casa, rispetto a marzo quando sono andata a prendermi il covid dentro agli ospedali e in giro allo sbaraglio, nel tentativo disperato di assistere mia nonna nel suo straziante trapasso. 

In questo lungo periodo non ho sentito particolare bisogno di uscire. Giusto qualche giro a piedi sulle colline qui intorno, quasi più per dovere nei confronti del mio corpo e della mia pelle che per reale piacere. Non mi piace faticare in questo periodo, non mi dà gioia in questo momento. Sto esplorando la calma, la lentezza, il pensare con la mia testa. Impresa pericolosa questa per me se non avessi una buona compagnia. Il rischio concreto sarebbe quello di rimanerci impantanata dentro. Anche oggi mi sono chiesta se non stia sprecando il mio tempo. Ma le ricerche si scoprono valide solo alla fine. E un vero esploratore si spinge oltre i confini conosciuti, altrimenti non sarebbe una esplorazione.

La mia capacità di reagire in situazioni estreme, per quanto estremamente disordinata, disorganizzata ed emotivamente dispendiosa, è stata fondamentale nell'aiutarmi ad uscire dalle sabbie mobili della famiglia e delle successive relazioni sbagliate. Non sapevo nulla della calma, di chi fossi, di quanto valessi.

Un lavoro di rallentamento e graduale consapevolezza mi ha portato ad esplorare i miei confini più remoti e gli altri miei estremi. Nella nuova, rassicurante realtà che mi sono costruita intorno, ho rallentato fino quasi a fermarmi, in opposizione al precedente continuo muovermi per garantirmi la fuga in caso cattura. Ed è un attimo impantanarsi quando ci si sta ancora strutturando e si sperimentano sconosciute versioni di sé stessi. Ma non sono sola, qualcuno mi avviserà prima, no? Qualche volta è suonata una sirena ma era solo un falso allarme, poco più di una esercitazione. I tempi erano corretti, il senno di poi lo ha confermato. Comunque, che fatica ascoltarsi e procedere mentre tutti ti tirano e ti spingono! 

Così, in questa nuova fase pandemica, mi sono chiusa qui e ho riorganizzato ed esplorato lo spazio della mia casa. Ho dormito nel letto di riciclo degli ospiti, scoprendo che è più morbido del mio e che la morbidezza mi fa dormire meglio. Così, adesso, per addormentarmi indosso anche un maglione e una sciarpa di viscosa molto affettivi. Da quando la mia vita è fluffy, l'addormentamento è istantaneo. 

In questa casa ho messo le mie prime radici e sviluppato un senso di appartenenza. Questo luogo è fatto di amore, di legami, di emozioni, di mattoni, di sogni, di ascolto, di compromessi. Di questo è fatto il terreno nel quale si possono affondare delle radici solide che permettono di affrontare le tempeste. Certo, ci sono sempre dei parassiti, come i vicini, ma vanno messi in conto. Sono meno molesti i pappataci, persino dopo che mi hanno trasmesso la meningite virale, ma i vicini hanno anche dei pregi a differenza dei pappataci... scoprirli sarà la mia prossima missione.

In queste settimane ho molto apprezzato la mia casa, così perfetta nella sua imperfezione. Mi sono seduta a leggere, a scrivere, a guardare film e serie dappertutto, scoprendo prospettive nuove e nuove comodità. E' come se avessi espanso il mio spazio vitale a tutto il suo volume. Prima invece era piccolo e compresso in uno spazio minuscolo dentro di me.

Ho persino preparato uno spazio per lo yoga che ho fatto da sola qualche volta, prima delle ultime aggressioni del vicino. Dopo quelle, ho sentito ancora più forte il bisogno di radicarmi, procurandomi esperienze positive e calmanti. In fase acuta, lo yoga non mi calma. Uscire, andare via dopo un attacco mi farebbe sentire un'esule ancora una volta. Così scrivo per elaborare e guardo serie per dimenticare.

Ieri però il vicino inopportuno mi ha avvicinato per chiedermi se ce l'ho con lui dopo le recenti incomprensioni. Ovviamente dal suo punto di vista sono io che ho capito male. D'altronde il suo è il modo più efficace di relazionarsi che conosca: aggredire, deridere, insultare e addomesticare il prossimo. Un successone! Mi è parso in quel momento davvero molto piccolo e non ho infierito. Anche se ho continuamente la sensazione di non dire mai la cosa giusta per darmi giustizia. Un po' come succedeva nella mia famiglia. Ma adesso potrei felicemente rassegnarmi e abbandonare ogni tentativo di far capire qualcosa all'altro, tanto i suoi ragionamenti sono paradossali e ribaltano la situazione sempre a suo vantaggio. E non può capire niente. E' cognitivamente deprivato. 

Comunque ho deciso di guardare al vicino con altri occhi: potrebbe essere per me un po' come la siepe per Leopardi: grazie a lui son sei giorni che scrivo e, quando scrivo, mi sento come immagino debba sentirsi la ballerina dei bellissimi video di questo post: vitale, coordinata, creativa, libera.
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