17 gennaio, 2018

GENIO E DIVERTIMENTO


Nel condominio dove abitavo con mia madre, il vicino di sopra era (è) musicista e suonava il contrabbasso. Dovete immaginarvi una cosa così come nel video sopra...ogni tanto nel silenzio...lui cominciava a suonare...e io mi fermavo ad ascoltare.

Io non ho una cultura musicale; i miei (in senso lato: madre e nonni materni), se l'avevano, non l'hanno condivisa più di tanto con me, ma dubito...comunque non hanno voluto che mi avvicinassi alla musica da bambina perché non ero un genio...dopotutto, ho ricevuto una pianola giocattolo in regalo e io non sono stata all'altezza delle aspettative. Mi hanno detto: 'vediamo cosa sai fare'. Stavano pensando a Mozart. Mio nonno era ossessionato dal genio e lo ricercava in me. Per una questione di riscatto personale, dovuto, ovviamente, alla sua storia familiare.

E dire che avevo subito imparato a suonare la musica della Barilla! Ma non facevo nessuna improvvisazione particolare, niente che facesse pensare che valessi la pena di investire soldi e tempo. 'Abbiamo provato, ma non hai il genio, quindi è inutile insegnarti a suonare uno strumento'...

Mio nonno purtroppo non concepiva l'idea di imparare per divertirsi. Tutto doveva essere funzionale...E voleva la perfezione, altrimenti non valeva la pena fare niente. 'A che serve?'. 

E io come te lo spiego?

Ad ogni modo, alla scuola materna avevano pure chiamato mia madre a vedere i miei disegni perché dicevano che ero sopra la media: forse un genio! Panico generale. Non l'avessero mai fatto. Mio nonno da quel momento mi ha messo alla prova con più convinzione: perlomeno, adesso, si sapeva il mio campo d'azione! Mi proponeva di rappresentare delle cose per lui complesse per un bambino...lui geometra che progettava strade...mi faceva interpretare delle gallerie, ad esempio...uno dei miei disegni l'ha persino appeso al muro nel suo studio...un onore...ma sentivo una certa pressione...

Poi qualcosa è successo. Deve essere successo qualcosa perché, mi ha detto, che fino a 6 anni, secondo lui, ero fuori dal comune ma poi il mio dono è come andato perso! Via, si è volatilizzato, è scomparso. E così niente scuole dove disegnare. Alle superiori un bel liceo scientifico che apre tutte le strade. Lui diceva di capire solo i numeri e mi insegnava la matematica e il disegno tecnico. Forse era il suo modo per parlarmi. Sperava di trovare un linguaggio comune. Ma io non ho mai imparato ad esprimermi e, un fallimento dopo l'altro, sono stata una delusione. 

Oggi che ha 86 anni l'ho convinto io a scrivere un diario. C'è voluto un anno di sottili manipolazioni da parte mia per convincerlo ma l'impegno e il tempo hanno ripagato e adesso si diverte, mi scrive, mi dice che lui ha sempre scritto numeri e che non ci aveva mai pensato di poter scrivere racconti. E ne è felice e compiaciuto. Avrà forse scoperto il genio in sé stesso? Non ci voglio pensare...Comunque finalmente ci capiamo e riusciamo a comunicare. 

A differenza di mio nonno, che mi trattava come avesse avuto a che fare con un adulto ma con affetto, mia madre invece mi ha sempre presa in giro ed è sempre stata invidiosa di me. Mi aveva smollato ai nonni ma poi era gelosa di quanto ricevessi. Quindi il patto inconscio era che io avessi solo ciò che era necessario o che a lei non interessava. Comunque, io da bambina non so se sono stata un genio ma da un certo momento in poi ho sicuramente disegnato come tutti i bambini: all'inizio, testoni e grandi mani piene di ditini, una striscia per il prato in basso e una per il cielo in alto...e mia madre ricordo che ne approfittava per riprendermi e spruzzarmi un po' del suo disprezzo: 'Insomma, ma non vedi che abbiamo solo 5 dita e non tutte quelle che disegni tu?', 'E' ridicolo il tuo disegno!'...fino a darmi della ritardata. Accidenti...dalle stelle alle stalle! Un semplice 'normale' sarebbe andato bene.

Così, il mio primo lutto importante fu quello per il mio primo dono perso e per il lutto che ha vissuto mio nonno di conseguenza. Non so chi abbia sofferto di più all'epoca, io so solo che questo dispiacere ha contribuito a condizionare la mia sicurezza in me stessa e una parte della mia vita. Comunque...

...cose che vanno e cose che restano! Perché da bambina qualcosa mi è stato concesso: imparare a sciare, ad esempio. Per mio nonno in quello ero dotata e comunque lo sport si sa che è importante nella vita. Via coi cugini, alle mie prime rimostranze aveva subito decretato che non era cosa; poi gli è stato detto che così fanno tutti i bambini, le prime volte...bisogna provare un po' prima di desistere. E lui ha ascoltato, poi imparare facile ha aiutato, così come appassionarmi da girare da sola per le piste e gli impianti per tutto il giorno, instancabile. Ma ho ricevuto fiducia e mi sono divertita e finalmente ho potuto sfogare in qualche modo lo stress della mia vita. Ogni tanto incontravo mio nonno sulle piste o nei rifugi durante le tempeste...voleva sapere se ero stanca e volevo rientrare. Ma io sciavo fino al buio e con qualunque tempo e lui mi lasciava fare. In quello le nostre nature si sono incontrate: non sprecavo un minuto, né una lira dell'investimento fatto su di me in quel momento, anche se per me, era chiaro, non avrebbe mai portato ad un riconoscimento. Con la mia emotività neppure le gare della scuola potevo fare. Eppure mi veniva concesso. Per lui 'avevo quel quid', come mi diceva, e ciò bastava a giustificare la spesa e, aggiungo, il suo sacrificio!

Anche questo mi ha condizionato nella vita, in positivo però e ancora oggi mi diverto, ovviamente quando gli altri miei traumi me lo concedono.

Insomma, la vita è un bel casino, c'è continuamente da imparare, da scoprire parti di sé stessi e le cose si possono sempre aggiustare, più o meno. Ad ogni modo, è tutto talmente complesso che non si può dare quasi mai niente per perso! Perché ci si può ritrovare un giorno a fare qualcosa a cui si era rinunciato, proprio come faccio io adesso. Ci si può prendere delle pause di riflessione...per ascoltarsi, ritrovarsi e, così rinnovati, proseguire. Ed è importante fare per star bene.

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