16 gennaio, 2018

PANE, AMORE E...SINDROME DI STOCCOLMA


Musica di Kaspar Kaae: IT ALL ENDS HERE

Forse la sindrome di Stoccolma è quanto di più umano possa capitare nella vita di qualcuno. Identificarsi, empatizzare, regredire, sentirsi compresi...potrebbe essere terapeutico, stimolante nuovi stati ed emozioni rispetto al solito...

Sentirsi fragili e bisognosi di fronte a qualcuno che, nella situazione di rischio in cui si trova, a tutto dovrebbe pensare fuorché a te e che invece, sorprendentemente, appena ha un attimo, ti fa sentire compreso e, a modo suo e come può, cerca di metterti a tuo agio, si preoccupa del tuo benessere...può essere una esperienza davvero intima e forte. 

Potrebbe capitare di accontentarsi di questo surrogato dell'amore e sentirsi bene, come forse avremmo dovuto sentirci innanzitutto con i nostri genitori: complici, vicini nel bene e nel male...se solo ne fossero stati capaci al momento opportuno, quando invece erano distratti, nervosi, fragili, emotivamente non disponibili e incapaci di capirti...

Che esseri complessi, delicati e preziosi che siamo...

Io credo di aver provato qualcosa di simile alla sindrome di Stoccolma nel rapporto con mia madre. Questo nonostante lei non fosse per niente comprensiva durante i suoi attacchi, nonostante venisse spesso accecata dal delirio di onnipotenza e quando ci dava giù andava ben oltre il 'necessario' con espressione di pura cattiveria e sottile godimento. E nonostante lei abbia trasformato me, un bambino vero, in un burattino, ho partecipato empaticamente alle sue sofferenze e le sono stata grata nei rari momenti di tregua come solo un sequestrato potrebbe esserlo nei confronti del proprio aguzzino di fronte, che so, ad una premura, ad un gesto affettivo, ad un pensiero non distruttivo, ad un aiuto in una qualche difficoltà, al risparmio della vita quando avrebbe potuto annientarti senza pietà. 

Quando mia madre si è lasciata prendere un pochino troppo la mano in questo giochino di potere e io non ero più una bambina così facile da manipolare e ricattare, non c'è stata sindrome a trattenermi dall'andarmene e dall'abbandonarla al suo destino. E, per quanto potrebbe dispiacermi vederla trucidare da un esercito armato fino ai denti venuto a liberarmi, non credo che cercherei di fermarli e camminerei dritta, senza voltarmi.

Penso che le premesse per la sindrome di Stoccolma siano le nostre fragilità e debolezze. Mi sono sempre stupita quando in certi film o racconti, il sequestrato, magari ragazzino, scappava senza preoccuparsi della sorte che sarebbe toccata al sequestratore 'buono'...ma, in quel caso, quel bambino era molto amato e conosceva bene la differenza tra giusto e sbagliato, sapeva che i suoi genitori stavano soffrendo, ne era certo, perché aveva conosciuto il loro amore profondo e nulla poteva assomigliare a quello nel rapporto con un 'buon' rapitore. Ho la sensazione che una persona equilibrata, che abbia conosciuto l'amore vero dei propri genitori, forse non avrà mai bisogno della sindrome di Stoccolma neppure per sopravvivere psichicamente ad un sequestro: resisterà, sopporterà ma, alla prima occasione, semplicemente si sottrarrà al rapitore, magari con qualche emozione di dispiacere e compassione per lui, sofferente e disperato, ma senza senso di colpa o 'amore' a complicare la questione. 

Durante un film, io spesso empatizzo con i sequestratori gentili e rispettosi, che, nonostante la posizione di superiorità non si lasciano andare al delirio di onnipotenza quando invece potrebbero, eccome; con quelli che danno la loro vita piuttosto che uccidere un ostaggio...che rinunciano a scappare per salvare la tua di vita se stai male e dipendi da loro...anche se ti hanno sfasciato la casa e hanno spaventato a morte la tua famiglia...ma per quanto mi immedesimi, sono fuori dalla scena...e continuo ad offrire comprensione alle persone che lo chiedono in modo sbagliato, che esagerano, che sconfinano e mi depredano.

In certi film forse è il regista per primo che ha la sindrome di Stoccolma verso il suo personaggio...a volte pure il poliziotto ce l'ha e fa di tutto per garantire il sequestratore che in parte comprende e vorrebbe sinceramente aiutare...quante emozioni in gioco e come esce spesso triste il quadro generale della società e della giustizia reale...

Forse il bambino rapito del film In Ordine Di Sparizione prova un sentimento di attaccamento per il sequestratore perché con lui ha sperimentato un primo vero sentimento di protezione e amore, come non era successo col suo vero padre. 

Mia sorella pare abbia assistito da bambina ad un sequestro e una rapina a casa dei nonni paterni dove viveva; l'aveva parcheggiata lì nostro padre, era piccolina. I nonni li hanno legati e imbavagliati, una cosa seria. Lei si nasconde sotto un letto e sente dire 'fate attenzione alla bambina'. Riconosce la voce e a chi la trova lì sotto e la rassicura dice che erano gli amici di papà...venuti a portar via una fortuna...

Per forza se hai una famiglia così poi ti trovi il moroso pazzo invasato e non te ne accorgi neppure quando ti ha maltrattato...

Va bé...vado a dormire, sono entrata in risonanza e sto degenerando. Buona notte a chiunque stia leggendo...

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