02 settembre, 2017

SOPRAVVISSUTA

In un ennesimo giorno di sofferenza, quando ero poco più che ventenne sono arrivata alla conclusione che il giorno dopo sarebbe arrivato lo stesso anche senza fare niente. Ho tirato i remi in barca e mi sono lasciata trasportare dalla corrente. Ho rinunciato alle grandi lotte per la vita limitandomi ad azioni di poco conto che non davano molto nell'occhio. Avevo rinunciato ai miei desideri e tanto bastava a lasciare parzialmente soddisfatti i miei familiari. In realtà ho 'strategicamente' tenuto in vita il mio tesoro (la mia vitalità e la mia creatività) con poco, pochissimo...ma il risultato è stata comunque una grave perdita. La mia famiglia si è sentita vincente su di me perché, se anche non era riuscita a piegarmi al suo volere, mi aveva quantomeno persuasa a spegnermi. Devo averli fatti sentire potenti...prima con la dipendenza e l'amore inossidabile di un figlio-nipote, poi con il controllo della sua vitalità...Mi sono sentita come se avessero violato qualcosa di troppo intimo e prezioso, maltrattandolo e calpestandolo, senza alcun rispetto per me. 
E come si animavano tutti quando avevo le mie 'crisi acute'...Devono aver goduto inconsciamente nel vedermi ridotta tanto male e nel vedersi costretti a chiamare un'ambulanza che venisse a portarmi via in quanto causa di destabilizzazione del loro patetico equilibrio. Che brutti piccoli mostri...molto kafkiani...

Per sopravvivere ho dovuto credere che nulla mi interessasse e che niente valesse la pena perché difendere la mia vitalità mi stava uccidendo. Nonostante tutto, la mia parte lucida ha continuato a cercare aiuto.

Aver incontrato delle persone speciali è servito a richiamarmi alla realtà, solo che è successo un attimo prima di oltrepassare il confine, quando ormai davvero mi sentivo stanca, distrutta e priva di energie e desideri. Da zombie stavo trasformandomi in un ossuto...come nel film 'Warm bodies'. Mi sento come immagino potrebbe sentirsi un Inuit partito in maglietta per andare a morire sull'altopiano groenlandese se un suo connazionale gli urlasse da lontano che si è sbagliato, che le sue sensazioni circa l'essere arrivato in fondo alla vita fossero state falsate. E questo, mezzo congelato, non riuscisse ormai più a muoversi mentre la sua mente confusa e ingannata potesse ancora ragionare su quanto fosse ridotto male e impotente tutto per un terribile equivoco. Non sarebbe forse stato meglio lasciarlo morire? Oppure sparargli a quel punto...

Mi viene la nausea dallo sforzo di accettare che ci sia ancora una fiammella vitale dentro di me e nello scoprire che sono stata io a ridurla così, nel sentire la mia paura e la mia impotenza, la mia vergogna e la frustrazione. 
E' uno strazio andare per il mondo senza pelle ed espormi a continue sofferenze quando sono ancora ferita e sanguinante. E' uno strazio sentirmi così pesante. 

Nella vita, come strategia per evitare 'crisi acute' che potrebbero espormi ad ulteriori rischi, ho recentemente optato per tenere un profilo basso, ovvero stare ferma, praticamente immobile, ridurre al minimo i giri del motore, espormi il meno possibile...ma tutto ciò non è compatibile con la vita stessa perché non riesco ad accettare nessuna mia strategia e i conseguenti compromessi che comporta perché ho perfettamente interiorizzato tutte le vocine malefiche possibili e immaginabili.

Non so come fare a convivere con tutto ciò. Non ho gli strumenti per ravvivare quella fiammella. Mi sento un'invalida totale e mi fa schifo questa condizione. Man mano che passa il tempo in questa immobilità il mio corpo si irrigidisce ed io mi abbruttisco perché al mio corpo è sempre stata legata una parte della mia fragile, ridicola e insignificante autostima. Così non sto più bene neppure da quel punto di vista. Niente endorfine, nessun antidolorifico. Mi gonfio di rabbia proiettiva che a stento trattengo e che prima o dopo riverso su qualcuno per me vitale.
Rallentare sarà utile ma mi sta uccidendo e non so più come ripartire...non ho più slanci, interessi, motivazione per fare niente. Sono solo immobile e sempre più bloccata.
E non ho neppure la forza di fare un atto di fede perché soffro come un cane e pure Giobbe ha chiesto di morire a Dio quando soffriva. E sia chiaro, la ricompensa deve essere altrettanto soddisfacente: una vita lunga e felice e la ricchezza interiore e materiale...da condividere, certo.

Ho bisogno di qualche strumento in più che non sia la frase enigmatica di un oracolo per quando spaccherei tutto o investirei qualcuno per la mia incapacità di sopportare la frustrazione di esistere in queste condizioni. 
Inoltre sono di nuovo nella fase che strangolerei il mio psicoterapeuta e anche se so che come una madre suff buona tiene duro e restituisce attenuato, vorrei non massacrarlo troppo...

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